Il Quartetto a Washington per far ripartire il dialogo tra israeliani e palestinesi
Il Quartetto per il Medio Oriente (Onu, Ue, Usa e Russia) si riunisce oggi a Washington
nel tentativo di rilanciare il negoziato tra israeliani e palestinesi, bloccati da
quasi un anno. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, il rappresentante
della Politica estera dell'Ue Catherine Ashton, il segretario di Stato americano Hillary
Clinton e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, cercheranno di spingere per
un riavvicinamento delle parti, quando ormai l’Autorità nazionale palestinese di Abu
Mazen è decisa a chiedere all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, a settembre,
il riconoscimento dello Stato palestinese. Per poter votare sull’ammissione di una
nuova Nazione, occorre un pronunciamento del Consiglio di sicurezza, previsto per
il 26 luglio. Nell’imminenza di tale data e in un momento in cui i Paesi arabi e del
Nord Africa sono in piena trasformazione, è davvero possibile una ripresa dei colloqui
tra israeliani e palestinesi? Risponde Marcella Emiliani docente di Storia
e Istituzioni del Medio Oriente all'Università di Bologna-Forlì, intervistata da Giada
Aquilino:
R. – Allo
stato attuale delle cose, la ritengo un’iniziativa molto improbabile da portare avanti
sul terreno. Da una parte, il governo Netanyahu in Israele non intende interrompere
- e lo ha già dimostrato ampiamente - il processo di colonizzazione nei Territori,
che è il maggiore ostacolo a qualsiasi tipo di negoziato; dall’altra sebbene Al Fatah,
cioè il partito del presidente dell’Autonomia palestinese, e Hamas si siano riavvicinati,
tuttavia è una riconciliazione troppo recente, che non consente di intravedere un
fronte unito dei palestinesi. Quindi è difficile, in un momento come questo in cui
il Medio Oriente peraltro è molto inquieto, riuscire a coordinare un’azione che porti
al tavolo dei negoziati israeliani e palestinesi.
D. - A fine luglio
il Consiglio di sicurezza dovrà dare il proprio parere sul pronunciamento, a settembre,
dell’Assemblea generale dell’Onu riguardo ad uno Stato palestinese indipendente. Gli
Stati Uniti - con Obama - si sono detti contrari, così pure il britannico Cameron,
mentre il francese Sarkozy sembra più favorevole a un sostegno. Allora, si va verso
una battaglia a colpi di veti?
R. – Probabilmente sì, nel senso che
Obama in questa occasione rischia di perdere tutto il credito che ha accumulato appoggiando,
seppure indirettamente, le cosiddette rivoluzioni della primavera araba. Questo è
molto pericoloso in prospettiva, perché a quel punto chi avrà più la credibilità per
mediare in questo tipo di processo?
D. – In un quadro di spaccatura
internazionale, i numeri per lo Stato palestinese sulla carta potrebbero esserci,
perché l’Assemblea generale dell’Onu dovrà votare a maggioranza qualificata, quindi
i due terzi dei 192 voti: cosa c’è da aspettarsi?
R: - C’è da aspettarsi
un braccio di ferro tra il Consiglio di sicurezza e l’Assemblea generale dell’Onu.
Però, poniamoci questo importante interrogativo: cosa succede se la maggioranza dei
Paesi del sud del mondo approva l’esistenza di uno Stato palestinese? Ciò rafforzerebbe
i palestinesi stessi e a quel punto sarebbe ben più difficile tenerli emarginati da
qualsiasi processo negoziale come è stato fatto fino ad adesso, dopo il fallimento
degli accordi di Oslo. In un momento così delicato come questo delle rivoluzioni arabe
in corso, è una prospettiva che non fa ben prevedere. (bf)