2011-07-10 14:30:37

Stati Uniti: sempre meno sostenibili i costi della guerra al terrorismo


La guerra lanciata da Washington contro il terrorismo, in seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001, ha lasciato sul terreno 225.000 morti: lo afferma uno studio pubblicato in questi giorni dalla Brown University. Tra le vittime, i soldati sono oltre 31 mila: circa 10 mila i militari iracheni uccisi, quasi 9 mila quelli afghani, 6 mila i soldati americani. Il costo di dieci anni di guerra al terrore ammonta per gli Stati Uniti a 4.400 miliardi di dollari. Ma che peso avranno questi dati sull’ultima parte della presidenza Obama? Marco Guerra lo ha chiesto all’inviato del Corriere della Sera negli Stati Uniti, Guido Olimpio:RealAudioMP3

R. - Le cifre sono spaventose, perché parliamo di circa quattro trilioni di dollari, denaro che è stato in parte chiesto in prestito: si tratta quindi di una guerra costosissima, anzi si tratta di guerre costosissime che oggi pesano tantissimo, perché sappiamo che i conti americani sono in grossa difficoltà. E’ chiaro che l’Amministrazione deve decidere, da una parte, appunto, di ridurre le spese e, al tempo stesso, ridurre un impegno che non è più sostenibile. Anche l’opinione pubblica non è più disposta ad appoggiare questo tipo di iniziative militare. C’era una battuta che faceva - mi sembra - un sindaco statunitense, dicendo: perché noi dobbiamo costruire un ponte a Baghdad o a Kabul e non costruiamo invece un ponte in Ohio?

D. - Incursioni leggere con droni e commandos: è un tipo di guerra più "proficua" - quella che si sta tentando di fare - o un tentativo di sembrare meno invasivi davanti alla comunità internazionale?

R. - Tutte e due le cose. Anche già prima del famoso invio dei rinforzi, 30 mila uomini in Afghanistan, c’era una corrente di pensiero nell’Amministrazione Usa che spingeva per questo, per una sorta di guerra leggera e quindi per l’uso di commandos e di droni che oggi sono impegnati non solo in Iraq o in Afghanistan, ma anche in Somalia e nello Yemen. E’ quindi un tentativo anche di sottrarsi alle critiche che dicono: “gli americani ci invadono e sono qui per occuparci”. Questo tipo di attività è meno invasiva e, forse, crea anche una certa pressione: non essendo mezzi militari ben visibili, anche i terroristi li soffrono e li patiscono. Questo è emerso anche dalle lettere che scriveva Osama Bin Laden.

D. - La guerra al terrore va avanti da oltre 10 anni: che cosa dobbiamo aspettarci nel medio e lungo periodo?

R. - Dovrebbe, più o meno, continuare sullo stesso sentiero. Nel senso che i gruppi qaedisti sono abbastanza frammentati: sono gruppi locali, che ogni tanto uniscono alla loro lotta contro quel regime, contro quello Stato - faccio l’esempio dello Yemen - tentativi di colpire anche fuori dei confini, di allungarsi. Lo stesso può essere il caso della Somalia o dell’Iraq o del Pakistan. Quindi da una parte vedremo un’attenzione continua in tutti quei punti dove ci sono dei fronti lealisti e, dall’altra, questa aspirazione a poter colpire il “nemico lontano” come lo definiva Osama Bin Laden, ossia gli Stati Uniti. Quindi c’è questo doppio livello, anche se, io credo, queste fazioni si concentreranno soprattutto sulla loro agenda regionale. (mg)







All the contents on this site are copyrighted ©.