Esplode la gioia per la proclamazione ufficiale dell'indipendenza del Sud Sudan
Notte di festa a Juba dove è stata ufficialmente proclamata l’indipendenza del Sud
Sudan e la nascita del nuovo stato,. Nel suo primo discorso alla nazione il presidente
Salva Kiir ha annunciato l’amnistia per tutti coloro che hanno imbracciato le armi
contro la gente del sud. “Spero ha detto che da oggi riusciamo a trovare la pace per
tutti". Da Juba sentiamo Alessia De Luca.
Sulle sfide
che attendono il Sud Sudan, 54.mo Stato africano - 55.mo per coloro che riconoscono
anche il Sahara occidentale - Giancarlo La Vella ha raggiunto telefonicamente,
a Juba, padre Daniele Moschetti, superiore provinciale dei Comboniani per il
Sud Sudan:
R. - Le sfide
che oggi si presentano per il Sud Sudan sono indubbiamente tantissime. Siamo il 193.mo
Paese al mondo, ma anche il più povero del mondo. C’è il discorso dell’educazione,
della sanità e tantissimi altri aspetti sociali che sono ancora davvero molto carenti
in Sud Sudan. Un Paese che presenta poi l’aspetto più etnico, che prevede un lavoro
molto grande di integrazione fra le varie etnie, sia a livello governativo sia a livello
ministeriale ed educativo. Vanno quindi coinvolte in ciò le varie realtà sociali del
Paese.
D. - In questa situazione, qual è il ruolo della Chiesa?
R.
- Quello della Chiesa è certamente un grandissimo ruolo: deve fare prima di tutto
da collante. Il Ministero della fede può essere davvero un plusvalore che può significare
davvero molto, in questo momento, per il Paese. Il lavoro da fare sarebbe quello di
andare a fondo della coscienza cristiana di questi popoli e quindi cercare di trovare
un’unità all’interno di questo Paese, che ha un lungo cammino da fare.
D.
- L’indipendenza del Sud non ha purtroppo impedito che continuasse la guerra. Che
cosa si può fare per interrompere questa spirale di violenza?
R. - La
situazione che c’è in Sud Kordofan e anche in Blue Nile - quella è un’altra zona a
rischio che Al Bashir sicuramente ha sott’occhio e ricordiamo che sono tutti Stati
del Nord, non del Sud - sottolinea come questa guerra si stia facendo al Nord, vicino
ai confini del Sud, con gente che vuole comunque aggregarsi al Sud e staccarsi dal
Nord. La paura di Bashir è quella di perdere anche questi Stati, che indubbiamente
hanno lottato molto per arrivare a quest’indipendenza. Quello che si può fare è un
lavoro molto grande a livello di comunità internazionale, di democrazia ma, allo stesso
tempo, anche di garantire al Nord Sudan la possibilità di avere delle risorse: petrolio,
acqua, ma anche molte altre risorse naturali, che sono molto importanti per il Nord.
Bashir sta facendo veramente tutto il possibile per tenersi questi Stati, ma lo sta
facendo contro la volontà della gente. E questo, ovviamente, non porterà a nessun
risultato.
D. - Che cosa può insegnare questo nuovo Stato, il Sud Sudan,
al resto dell’Africa, soprattutto a quell’Africa che continua a soffrire?
R.
- Certamente può dare una grande lezione di dignità. Questa gente è sempre stata considerata
molto marginale. Migliaia e migliaia di loro sono dovuti diventare degli schiavi ed
oggi hanno invece la dignità di dire: “Siamo cittadini di un nostro Stato”. Possono
soprattutto iniziare a sperare in un nuovo futuro per i giovani e le nuove generazioni,
cosa che fino ad ora era quasi impossibile fare, perché tutto veniva deciso al Nord,
a Khartoum. E’ un cammino molto lungo da percorrere. (vv)