Zimbabwe: crescono le preoccupazioni della Chiesa per il riaccendersi della violenza
politica
Crescono le preoccupazioni della Chiesa in Zimbabwe per il riaccendersi delle violenze
politiche tra i sostenitori e gli oppositori del Presidente Robert Mugabe, con l’avvicinarsi
delle nuove elezioni presidenziali e parlamentari previste entro l'anno, ma con una
data ancora da fissare. Il direttore della Commissione di Giustizia e Pace della
Conferenza episcopale Alouis Chaumba, ha confermato all’agenzia Cns che nel mirino
del regime ci sono anche vescovi e sacerdoti da quando l’episcopato ha pubblicato
a gennaio la lettera pastorale "Let Us Work For The Common Good – Let Us Save Our
Nation", che denunciava la piaga della corruzione della classe politica nel Paese.
Una denuncia interpretata dai partigiani dello Zanu-Pf di Mugabe come una critica
velata al Presidente. Da allora, infatti, si sono moltiplicate le vessazioni e le
minacce contro esponenti del clero locale sospettati di appoggiare il Movimento per
il Cambiamento Democratico del rivale Morgan Tsvangirai, Primo Ministro dell’attuale
governo di unità nazionale. Lo stesso Mugabe ha attaccato verbalmente i vescovi nei
mesi scorsi, accusandoli di essere un fantoccio dell’Occidente. Il direttore di Giustizia
e Pace ha detto di temere che una recente dichiarazione della Commissione episcopale
che chiedeva la fine delle violenze politiche ad Harare possa esporre la Chiesa cattolica
a nuove ritorsioni. Un parroco di Mbare, un quartiere della capitale teatro in queste
settimane di una escalation di aggressioni contro i sostenitori di Tsvangirai, ha
confermato quanto riferito di recente da un sacerdote al settimanale cattolico “The
Tablet”: ossia, che i sacerdoti sono spiati e pedinati e rischiano ogni giorno arresti
arbitrari da parte della polizia segreta. Lo Zanu-Pf, da parte sua, accusa i sostenitori
del Movimento per il Cambiamento Democratico di avere cominciato le violenze. Secondo
mons. Churu Muchabaiwa, vice-presidente della Conferenza episcopale, la nuova escalation
riflette la “mancanza di cultura democratica” nel Paese: “In Zimbabwe siamo abituati
a batterci per ottenere una cosa, non a negoziare. Non dovremmo fare così, ma abbiamo
sempre vissuto questo genere di situazioni nella nostra storia”, ha spiegato il presule
all’agenzia Apic, durante una visita nei giorni scorsi in Svizzera su invito dell’”Aiuto
alla Chiesa che Soffre”. (L.Z.)