Due anni fa, la pubblicazione della "Caritas in veritate", prima Enciclica sociale
di Benedetto XVI
Il 7 luglio di due anni fa, in un’affollatissima Sala Stampa vaticana, i cardinali
Renato Raffaele Martino e Paul Josef Cordes presentavano ai media internazionali la
prima Enciclica sociale di Benedetto XVI, la Caritas in veritate. Immediate
furono le reazioni in tutto il mondo per un documento che, nel solco della Populorum
Progressio di Paolo VI, enunciava, uno ad uno, i grandi principi necessari a uno
sviluppo solidale dell’umanità agli inizi del 21.mo secolo. Il giorno dopo, un mercoledì,
Benedetto XVI dedicava l’intera catechesi dell’udienza generale alla spiegazione della
sua Enciclica. Alessandro De Carolis torna, in questo servizio, alle affermazioni
rese quel giorno dal Papa:
La forza
della globalizzazione e la forza della disuguaglianza. Da un lato, il montare dell’impulso
che, tra la fine del Novecento e l’inizio del Duemila, spinge economie, politiche
e culture a maggiori relazioni, scambi, integrazioni. Dall’altro, il dilagare di un
moto propulsore opposto, che causa dolorosi paradossi in un mondo globalizzato ma
non per questo migliore: spregiudicatezze finanziarie per lo più speculative, diritti
umani “che impazziscono” per l’assenza di doveri, eccessiva fiducia nelle risorse
di una tecnologia, cui spesso manca il battito di un cuore. Scrive Benedetto XVI nell’Enciclica:
“Cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità”. Come
si riequilibrano allora queste due forze? Con una terza, la forza della carità, spiega
il Papa ai fedeli che l’8 luglio 2009 siedono in Aula Paolo VI:
“La
carità nella verità è quindi la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di
ogni persona e dell’umanità intera. Per questo, attorno al principio Caritas in veritate,
ruota l’intera dottrina sociale della Chiesa. Solo con la carità, illuminata dalla
ragione e dalla fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di valenza
umana e umanizzante”.
In altre parole, il mondo non migliora se,
al fondo di una qualsiasi idea o azione, non vi è il genuino amore per l’essere umano;
un tipo di amore la cui gratuità ha origine squisitamente divina e incarnazione tipicamente
cristiana, sorretto com’è dalla logica del dono. Una logica, afferma Benedetto XVI,
che sul piano concreto deve ispirare valori precisi:
“Due sono quindi
i criteri operativi, la giustizia e il bene comune; grazie a quest’ultimo, la carità
acquista una dimensione sociale. Ogni cristiano – dice l’Enciclica – è chiamato a
questa carità, ed aggiunge: ‘E’ questa la via istituzionale … della carità’”.
La
Caritas in veritate si sofferma via via su quei “grandi principi – dice il Papa –
che si rivelano indispensabili per costruire lo sviluppo umano dei prossimi anni”:
“Tra
questi, in primo luogo, l’attenzione alla vita dell’uomo, considerata come centro
di ogni vero progresso; il rispetto del diritto alla libertà religiosa, sempre collegato
strettamente con lo sviluppo dell’uomo; il rigetto di una visione prometeica dell’essere
umano, che lo ritenga assoluto artefice del proprio destino. Un’illimitata fiducia
nelle potenzialità della tecnologia si rivelerebbe alla fine illusoria. Occorrono
uomini retti tanto nella politica quanto nell’economia, che siano sinceramente attenti
al bene comune”.
In particolare, soggiunge Benedetto XVI, “guardando
alle emergenze mondiali, è urgente richiamare l’attenzione della pubblica opinione
sul dramma della fame e della sicurezza alimentare, che investe una parte considerevole
dell’umanità”:
“Un dramma di tali dimensioni interpella la nostra
coscienza: è necessario affrontarlo con decisione, eliminando le cause strutturali
che lo provocano e promuovendo lo sviluppo agricolo dei Paesi più poveri. Sono certo
che questa via solidaristica allo sviluppo dei Paesi più poveri aiuterà certamente
ad elaborare un progetto di soluzione della crisi globale in atto”.
Da
rivalutare “attentamente”, osserva ancora il Papa, è “il ruolo e il potere politico
degli Stati, in un’epoca in cui esistono di fatto limitazioni alla loro sovranità
a causa del nuovo contesto economico-commerciale e finanziario internazionale”. Parole
che in 24 mesi non hanno perso nulla del loro impatto. Come pure l’appello a una “seria
riflessione” sul senso e le finalità dell’economia. “Lo esige – riconosce il Papa
– lo stato di salute ecologica del pianeta; lo domanda la crisi culturale e morale
dell’uomo che emerge con evidenza in ogni parte del globo”:
“L’economia
ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; ha bisogno di recuperare
l’importante contributo del principio di gratuità e della “logica del dono” nell’economia
di mercato, dove la regola non può essere il solo profitto. Ma questo è possibile
unicamente grazie all’impegno di tutti, economisti e politici, produttori e consumatori
e presuppone una formazione delle coscienze che dia forza ai criteri morali nell’elaborazione
dei progetti politici ed economici”.
E la stessa riflessione, Benedetto
XVI la chiede per i mezzi di comunicazione sociale per il potenziamento del dialogo
tra culture e tradizioni diverse, esortando l’umanità ad adottare “un diverso stile
di vita”, giacché si è sul pianeta “una sola famiglia” e dunque c’è bisogno di legami
di fraternità e di sussidiarietà, oltre che di norme che disciplinino diritti e doveri:
“Il
Vangelo ci ricorda che non di solo pane vive l’uomo: (…) per questo ogni programma
di sviluppo deve tener presente, accanto a quella materiale, la crescita spirituale
della persona umana, che è dotata appunto di anima e di corpo. E’ questo lo sviluppo
integrale, a cui costantemente la dottrina sociale della Chiesa fa riferimento, sviluppo
che ha il suo criterio orientatore nella forza propulsiva della ‘carità nella verità’”.