Censis: dal 2050 pensioni sotto mille euro per il 42% dei giovani di oggi
In Italia il 42% dei giovani lavoratori dipendenti tra i 25 e i 34 anni, andrà in
pensione intorno al 2050 con meno di 1.000 euro al mese. E’ quanto emerge dai risultati
del primo anno di lavoro del progetto “Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche
sociali” di Censis e Unipol. La presentazione del rapporto è avvenuta oggi a Roma.
Il servizio è di Eugenio Bonanata:
Il futuro
degli otto milioni di giovani italiani si fa sempre più incerto. La loro pensione
sarà più bassa del reddito di inizio carriera: rappresenterà il 60% o addirittura
il 40% dello stesso. La previsione più ottimistica – avverte l’indagine – riguarda
solo i più fortunati, cioè quei 4 milioni di giovani ben inseriti nel mondo del lavoro
con contratti standard. A questi bisogna aggiungere gli autonomi o con contratti atipici,
che sono un milione, più due milioni di giovani che attualmente non studiano e non
lavorano. Giuseppe Roma è direttore generale del Censis:
“Il
problema è che abbiamo nelle nuove generazioni un difficile ingresso nel mercato del
lavoro e una bassa retribuzione. E quelli che già oggi guadagnano poco, non avranno
una grande prospettiva futura di pensione perché il meccanismo – naturalmente – è
un meccanismo di tipo retributivo, cioè la pensione sarà in funzione di quello che
si riuscirà a mettere da parte; e con un reddito così basso, che potrà crescere relativamente
poco nel tempo, ovviamente le previsioni non sono positive!”.
La ricerca
evidenzia una scarsa consapevolezza del problema da parte dei protagonisti: solo il
12% dei giovani mostra preoccupazione per la pensione e il 70% non sa a quanto corrisponderà:
“Molte soluzioni non sono alla portata, attualmente. Infatti, cosa
possiamo dire ai giovani? 'Mettete da parte una pensione integrativa?'. Con uno stipendio
di mille euro, è difficile poter fare questo ragionamento. Però, intanto, avere la
consapevolezza del problema e incominciare ad attrezzarsi anche con un’offerta adeguata
non soltanto di tipo pubblico, non soltanto di tipo privato, ma anche quelle intermediarie
del terziario sociale che in qualche modo possono pensare anche a questo, sarebbe
un primo passo importante. Sappiamo che l’80 per cento dei giovani oggi naturalmente
pensa soprattutto al reddito attuale, al lavoro attuale, e non pensa che nel futuro
poi potrà trovarsi molto male”.
La via d’uscita è da ricercare ancora
una volta nelle famiglie che continuano a rispondere alle esigenze affettive e materiali
dei propri figli. Nonostante la crisi, sono chiamate a nuovi sforzi:
“Molto
spesso, sono proprio i risparmi familiari che consentono di mettere su una famiglia,
di acquistare un’abitazione. Bene, mettiamo nelle cose da fare anche qualche risorsa
da mettere da parte che potrà essere utile al giovane quando si troverà in età avanzata
a dover integrare in qualche modo il proprio reddito da pensione con un’altra fonte.
Facciamo diventare di moda anche forme di risparmio che non guardino solo al contingente,
ma anche al medio periodo”.
Difficile però immaginare un identikit sereno
della famiglia di domani. Quasi tutti - 93% - credono che in futuro sarà la pensione
pubblica il pilastro del proprio portafoglio finanziario. Una sfida enorme per il
sistema pensionistico che deve fronteggiare anche il rapido invecchiamento della popolazione
italiana:
“Il problema del sistema pensionistico è come possa continuare
a dare un suo contributo di tipo sociale. Quindi io ritengo che sia giusto che il
sistema pensionistico continui ad avere una pluralità di forme: quella pubblica, certamente
importante, ma anche quella che, con senso di responsabilità, prevede interventi più
personali e familiari perché senza di questi noi certamente non riusciremo a mantenere
una copertura sufficientemente adeguata ai problemi e ai bisogni del futuro”.
(gf)