Thailandia: l'opposizione vittoriosa pensa al nuovo governo
In Thailandia, dopo la schiacciante vittoria dell’opposizione sulla maggioranza guidata
dal premier Vejajiva alle elezioni legislative di ieri, già si pensa alla composizione
del nuovo governo. Ne ha parlato la leader del partito vittorioso alle consultazioni,
Yingluck Shinawatra, sorella dell’esiliato ex premier, Thaksin Shinawatra. Ci riferisce
Giancarlo La Vella:
Il radicale
cambiamento politico avvenuto in Thailandia ha radici recenti, ma profonde. Le cosiddette
"camicie rosse" che protestano da oltre un anno a Bangkok e in altri centri del Paese
hanno ottenuto una parziale vittoria, ma bisognerà vedere se tutte le istanze della
protesta verranno accolte dal nuovo corso. Il nuovo partito-guida thailandese, il
Puea Thai, ha ora la maggioranza assoluta con 265 seggi conquistati sui 500 del parlamento.
La Shinawatra, sorella dell’ex premier Thaksin, in esilio volontario, ha annunciato
di aver raggiunto accordi preliminari con quattro shieramenti politici per la formazione
di un governo di coalizione forte. Intanto, il premier sconfitto, Vejajiva, ha a sua
volta annunciato le dimissioni dalla presidenza del Partito democratico, che esce
fortemente ridimensionato dalla consultazione. Thaksin dichiara invece di non avere
intenzione di rientrare nell’agone politico. Ci sono anche i primi commenti internazionali
ai risultati. Tra tutti spicca quello di Catherine Ashton, alto rappresentante europeo
per la Politica estera. “Il risultato delle recenti elezioni in Thailandia – ha detto
– deve essere una base solida per l'unità di tutti gli interessi politici nell'affrontare
le principali questioni politiche e sociali in cui il Paese si trova”. Un auspicio,
questo, condiviso anche da tutti i thailandesi.
Come va dunque letta la
vittoria di Yingluck Shinawatra, che diventerà così la prima donna a capo di un governo
in Thailandia? Giada Aquilino lo ha chiesto a Monica Ceccarelli, esperta
di questioni thailandesi per Asia Maior:
R. - Questa
candidatura si può forse definire un colpo di genio di Thaksin Shinawatra, il quale
ha proposto come primo ministro la sorella più giovane della famiglia, Yingluck Shinawatra,
che non era mai stata coinvolta in alcun tipo di situazione politica. Lei si occupava
semplicemente delle aziende di famiglia ed invece si è poi rivelata una persona di
grandi capacità comunicative. Il voto, quindi, è più che altro una conferma della
politica del fratello - che, lo ricordiamo, è il premier che era stato deposto dal
colpo di Stato del 2006 - supportata anche da questa sua capacità di comunicare in
maniera molto carismatica.
D. - La prima premier donna della Thailandia
si occuperà, ha detto, della situazione economica dei suoi connazionali. Il fratello,
che pure fu accusato di corruzione e abuso di potere, introdusse la famosa “legge
dei 30 baht”, in base alla quale chiunque poteva avere cure mediche o assistenza sanitaria
pagando una somma molto bassa. Si rifarà a tale impostazione?
R. - Durante
la campagna elettorale, c’è stata una pericolosissima gara al rialzo in offerte di
politiche populiste, sia da parte del Puea Thai - che è appunto il partito vincitore
- sia da parte del Partito democratico. Le proposte sono state fatte per quanto riguarda
la sanità e anche per il salario minimo. La politica di Thaksin indubbiamente aveva
avuto delle ottime intuizioni, tra cui il discorso sulla sanità, con un ticket di
30 baht che è una cifra irrisoria per i thailandesi, ma anche altre politiche per
incentivare l’economia, come il progetto “Otop” in cui ogni villaggio riceveva un
incentivo di un milione di baht. Thaksin dovette però affrontare altre problematiche
politiche, che riguardavano appunto inasprimenti vari, a cui si aggiunsero la sua
incapacità d’interpretare il conflitto separatista delle province del Sud e poi, non
ultima, la guerra alla droga che alla fine è consistita in tremila morti senza processo,
soprattutto ragazzi e tossicodipendenti. Ora, la sorella cercherà sicuramente di cancellare
questi aspetti così negativi che hanno poi finito con rendere invisa la politica di
Thaksin. Non va poi assolutamente trascurato un altro fattore: sostanzialmente, egli
si mise contro la corona e questo ha segnato la sua fine politica.
D.
- Cinque anni dopo il colpo di Stato che portò all’estromissione di Thaksin Shinawatra
dal potere, ora c’è chi parla di un’amnistia per l’ex premier, in esilio a Dubai,
anche se lui smentisce...
R. - Credo che sicuramente ci sarà un’amnistia.
Più che altro, quello che si dovrebbe fare è una politica di riconciliazione. Thaksin
è stato condannato per reati fiscali sostanzialmente, quindi un’amnistia che riguardasse
soltanto tali questioni avrebbe un aspetto di eccessivo favoritismo. La cosa che ci
si potrebbe augurare è che si attui invece una politica di riconciliazione: il Paese
ha vissuto una fase di estrema polarizzazione del conflitto politico. Non va dimenticato
quello che è accaduto a maggio dello scorso anno con i morti, tra i manifestanti delle
‘camicie rosse’, che sono stati circa 90. Queste sono ferite che rimangono nel popolo
e nel Paese. (vv)