In Romania, la Beatificazione del vescovo János Scheffler, martire del comunismo
Questa mattina a Satu Mare, in Romania, la cerimonia di Beatificazione del servo di
Dio Giovanni Scheffler, vescovo della diocesi dal 1942 al 1952. Il rito viene concelebrato
dall’arcivescovo di Esztergom-Budapest e Primate d’Ungheria, Péter Erdő, alla presenza
di molti presuli e nel nunzio apostolico in Romania. In rappresentanza del Papa, il
prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, cardinale Angelo Amato. Il servizio
di Roberta Barbi:
Brillava
fin da piccolo per intelligenza, serietà e riservatezza, János Scheffler: se ne accorsero
subito a Kálmánd, villaggio di pescatori ungherese al momento della sua nascita, che
la storia trasformò in cittadina romena con il nome di Cămin. All’università
lo chiamavano “doctor” ancora prima che lo diventasse, poi fu ordinato sacerdote,
divenne un solerte catechista, un appassionato predicatore e un instancabile
vescovo. Intorno a lui, intanto, il mondo precipitava nell’incubo. Ricorda il cardinale
Amato che la persecuzione comunista contro la Chiesa cattolica in Romania si acutizzò
dal 1947: “Il regime intendeva rompere ogni rapporto con la Santa Sede, obbligando
i fedeli a convertirsi all’ortodossia per creare una Chiesa senza Papa”. L’odium
fidei si scatenò contro i sacerdoti: neppure mons. Scheffler fu risparmiato. Nel
carcere di Jilava fu sottoposto ai lavori forzati, umiliato, costretto a docce bollenti,
ma lui seppe “trasformare quest’esperienza di dolore in occasione di apostolato, di
catechesi e di preghiera”, riferisce ancora il cardinale Amato.
Come
Cristo nel deserto fu tentato dal diavolo, che gli promise tutti i regni del mondo
in cambio dell’adorazione, anche al vescovo Scheffler, in prigione, fu offerto di
diventare Patriarca della Romania, a patto che firmasse il passaggio alla Chiesa ortodossa.
Come Cristo, non cedette, e come Cristo morì pregando e perdonando i suoi uccisori,
il 6 dicembre 1952. Ed è proprio sulla morte di Gesù che si fonda il martirio, che
è una forma di amore totale a Dio – come ha detto in diverse occasioni Benedetto XVI
– una vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, della luce della verità
sulle tenebre della menzogna. Oggi, riflette il cardinale Amato, la figura del Beato
Scheffler insegna la via per “testimoniare, anche con sacrificio, la nostra fedeltà
ai comandamenti di Dio e alle Beatitudini evangeliche […] il profilo del martire propone
il valore eterno dell’amore che vince l’odio e del perdono che spegne la brutalità
dei carnefici”. Il martire è certo di essere amato dal Signore, è libero e consapevole
di aver scelto la parte migliore della vita: Cristo, trasforma la sofferenza in gioia
che si fonda sulla fede, la morte in vita.