Rapporto di "Medici Senza Frontiere" sui migranti, mentre continuano gli sbarchi a
Lampedusa
Continuano gli sbarchi di immigrati sulle coste italiane. Una trentina di afghani
sono giunti stamattina nel Salento, dopo i massici arrivi degli ultimi due giorni
a Lampedusa, circa 600 persone provenienti per lo più dall’Africa sub-sahariana, partite
però dalla Libia. Oggi oltre mille migranti sono stati trasferiti a bordo della nave
"Excelsior". Sul traghetto anche 90 dei circa 400 minori non accompagnati presenti
a Lampedusa. A denunciare le gravi condizioni in cui si trovano gli immigrati che
giungono dalla Libia era stata ieri l’organizzazione "Medici Senza Frontiere" con
un rapporto dal titolo “Dall’inferno al Limbo. Le voci dei migranti”. Il servizio
di Francesca Sabatinelli:
Il passaggio
dall’Inferno al Limbo è ciò che vivono tutti gli immigrati che, fuggiti dalla Libia,
giungono in Italia o in Tunisia. In entrambi i casi, queste persone vengono accolte
in modo del tutto inadeguato, intrappolati nei campi e nei centri di accoglienza –
è la denuncia di Medici senza frontiere – dove vivono in condizioni precarie, senza
prospettive per il futuro. Kostas Moschochoritis, direttore generale
di Msf Italia:
R. - Arrivano qui e non sanno cosa succederà. La gente
è là da mesi e si profila, ancora, un’ulteriore e lunga permanenza e questo anche
a causa della lentezza del processo dei richiedenti asilo. Non sanno cosa succederà
loro: questo è il limbo. Non mancano, purtroppo, anche casi di suicidio…
D.
– Quali sono le patologie fisiche e mentali che voi riscontrate?
R.
– Le patologie mentali sono tutte quelle classiche patologie delle persone che scappano
anzitutto da una guerra. Parliamo poi di gente che soffre di depressione. Ci sono
anche patologie classiche dovute al sovraffollamento, alla mancanza di igiene e poi
al tipo di viaggio che hanno subito... hanno problemi anche di disidratazione, di
ipotermia.
Gli Stati europei, continua l’organizzazione, con l’obiettivo
della lotta all’immigrazione illegale, negano a rifugiati e richiedenti asilo la protezione,
il trattamento a cui hanno diritto. La responsabilità di proteggere invocata per l’intervento
Nato, continua Msf, non si ferma ai confini e vale anche per tutti i civili, compresi
i rifugiati e i migranti, che vivevano e lavoravano in Libia e sono vittime dirette
del conflitto. Cosa tormenta queste persone che poi arrivano in Italia? Francesca
Zuccaro, capo missione di Msf per i progetti sull’immigrazione in Italia:
R.
– La paura, la confusione, il disorientamento generale e in alcuni casi anche la paura
fisica e il fatto che non sia, per esempio, garantita una netta separazione tra uomini,
donne e bambini: le donne hanno paura di questo e si sentono minacciate. Ci possono
essere casi di abusi, che poi purtroppo si sono verificati.
D. – C’è
un centro che vi preoccupa più degli altri?
R. – Le due strutture di
detenzione di Palazzo San Gervasio e Kinisia, a nostro avviso, hanno delle condizioni
di vita intollerabili in generale per chiunque e in particolare se vengono collegate
ad un periodo di permanenza lungo come viene appunto previsto dalla normativa attuale,
che ha aumentato a 18 mesi il periodo di detenzione nei Cie. Questo è veramente fuori
da qualsiasi logica.
Medici Senza Frontiere, quindi, non solo esprime
preoccupazione per l’accordo tra il governo italiano ed il Consiglio nazionale di
transizione libico, ma ribadisce ai Paesi impegnati in Libia, così come a Onu e Unione
Europea, di assumersi le proprie responsabilità e di prendere misure urgenti per migliorare
l’accoglienza e le condizioni di vita di tutte le persone che fuggono da questa guerra.
(mg)