Irlanda: no dei vescovi alla minore retribuzione domenicale avanzata dal governo
Ridurre le retribuzioni domenicali inferirebbe un ulteriore colpo al valore della
domenica come giorno di riposo e di preghiera, necessario per il benessere fisico
e psichico degli individui e delle famiglie. Così la Commissione della giustizia e
della pace della Conferenza episcopale irlandese motiva, in una nota, la contrarietà
dei vescovi alla nuova proposta avanzata dal Governo per dare una scossa alla traballante
economia del Paese. Secondo i vescovi, la decisione è il frutto di una logica che
“privilegia considerazioni economiche a scapito del benessere dei cittadini e del
bene comune della società”. “Il valore della domenica come giornata della collettività”,
si sottolinea in una nota, “è inestimabile. Per noi cristiani è una giornata centrale
per praticare la nostra fede”, un giorno sabbatico in cui “ogni lavoro non essenziale
dovrebbe essere evitato”. In molte famiglie, infatti, la domenica è l’unico momento
per stare insieme. Va poi considerato che la misura penalizzerebbe soprattutto i soggetti
con redditi bassi che hanno bisogno di lavorare la domenica per arrivare alla fine
del mese: “sarebbe quindi ingiusto”, afferma la nota, “chiedere a queste stesse persone
di sostenere ulteriormente i costi della crisi”. Gli eventuali vantaggi ottenuti nel
breve termine dalle imprese sarebbero “annullati dai danni nel lungo termine alla
società nel suo insieme”. Se è dunque necessario sostenere le imprese con misure ad
hoc, come finanziamenti agevolati è altrettanto evidente che non si possono trascurare
gli effetti delle misure scelte “sui soggetti più vulnerabili e sul bene comune”.
La difesa della domenica come giorno di riposo è, come è noto, al centro di un vasto
dibattito in Europa. Uno studio realizzato da «Deloitte Consulting» per conto della
Commissione europea, sembra confermare che gli orari di lavoro non-regolari danneggiano
il ritmo sociale e portano i dipendenti a essere più stressati e ad ammalarsi facilmente.
(M. R.)