Mons. Travaglino alla Fao: proteggere le aree rurali dei Paesi poveri per diminuire
il numero degli affamati
Proteggere i diversi ecosistemi agricoli dei Paesi poveri e l’accesso alle risorse
idriche perché si possa lottare con più efficacia contro la fame e sostenere “coloro
che traggono dal lavoro agricolo nutrimento, occupazione e reddito”. È una delle affermazioni
dell’arcivescovo Luigi Travaglino che in queste ore, nella sua veste di osservatore
permanente, tiene alla sede Fao di Roma il suo intervento alla 37.ma sessione della
Conferenza dell’agenzia Onu. Mons. Travaglino auspica che la Fao possa rilanciarsi
nel suo impegno internazionale con “rinnovato vigore”. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
“Una struttura
agile ed armonica, che opera a servizio degli affamati in costante sussidiarietà rispetto
all’azione dei governi”. La Fao del ventunesimo secolo dovrebbe essere questo, secondo
l’opinione della Santa Sede. Davanti al neodirettore dell’agenzia Onu, José Graziano
da Silva, e ai delegati riuniti a Roma, mons. Tramaglino ha messo a confronto il lavoro
della Fao nel contesto della crisi mondiale, che sta condizionando da anni l’economia
mondiale. Crisi, ha osservato, vuol dire “insicurezza alimentare”, che pesa enormemente
su chi già prima pativa miseria e denutrizione, senza contare i danni arrecati dalle
catastrofi naturali. Il rappresentante pontificio è andato al sodo, soffermandosi
sulla tutela del lavoro agricolo, dal quale dipende gran parte della sussistenza di
molte nazioni povere. “Come ha evidenziato la recente crisi alimentare – ha affermato
– sembra finalmente emergere con maggiore forza l’idea che all’agricoltura spetta
un ruolo centrale nel più vasto ambito dell’attività economica, un ruolo strategico,
capace di dare anche un sostanziale apporto ad una crescita realmente sostenibile”.
Mons. Travaglino ha parlato di “protezione dei diversi ecosistemi agricoli, condizionati
dalla variabilità e dai mutamenti climatici”. E non ha taciuto “le preoccupazioni
per la crescente diminuita disponibilità di acqua sia per l’uso agricolo sia per il
consumo umano, che mette a serio rischio – ha denunciato – l’obiettivo di adeguati
livelli di sviluppo”.
C’è poi la riflessione legata al ruolo, definito
“crescente”, delle nuove tecniche di lavorazione agricola e al sostegno che le stesse
ricevono sia nella fase di produzione sia in quella di utilizzo e di commercializzazione
degli alimenti. Citando Benedetto XVI, mons. Travaglino ha ribadito che “un’ordinata
ricerca che voglia rafforzare la produzione agricola in ragione di una domanda crescente
di cibo non può dimenticare le ragioni della sicurezza degli alimenti e quindi la
salute dei consumatori, come pure della sostenibilità della produzione agricola, e
cioè la protezione ambientale”. Più ancora delle tecniche, va sostenuto l’elemento
umano: la “donna rurale”, ha asserito l’osservatore della Santa Sede, gioca un “ruolo
centrale” in questo orizzonte, perché è al centro dello sviluppo della famiglia e
di un’intera comunità.
La Fao dunque, ha detto ancora mons. Travaglino,
deve “concorrere nel promuovere nelle aree rurali infrastrutture, la presenza delle
istituzioni, come pure adottare non la semplice managerialità, ma criteri di gestione
oculati e interventi realmente funzionali ai bisogni delle popolazioni beneficiarie”.
Tuttavia, regole e politiche servono a poco se non sono sorrette da “spirito di servizio
e di solidarietà”. Di questo, ha affermato il presule, deve tener conto la Fao nel
suo “processo di riforma già avviato” che la riguarda. “L’attenzione degli Stati membri,
come pure quella della società civile nelle sue preziose forme di organizzazione,
deve rivolgersi – ha insistito l'osservatore vaticano – agli impegni che la Fao è
chiamata a svolgere nel presente e nel futuro immediato verso le diverse regioni del
mondo; impegni che chiedono uno sforzo supplementare perché si possa procedere con
la dovuta attenzione ad affrontare i problemi e le esigenze degli ultimi, nel nostro
caso quanti soffrono per la fame e la malnutrizione e, più in generale, coloro che
traggono dal lavoro agricolo nutrimento, occupazione e reddito”.