2011-06-28 16:33:37

Il Sudan attende l'arrivo dei caschi blu. L'appello di mons. Mangoria: si torni subito alla pace


In Sudan, un appello per una pace immediata è arrivato oggi dal vescovo ausiliare di El Obeid, mons. Michael Didi Adgum Mangoria. E ieri il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha deciso di inviare 4200 caschi blu nella regione petrolifera di Abyei, contesa tra il governo di Khartoum e il sud del Paese, che il 9 luglio dichiarerà la sua indipendenza. Sulla portata storica e simbolica di questa scadenza, Davide Maggiore ha intervistato il professor Pierluigi Valsecchi, docente di Storia dell’Africa all’Università di Pavia:RealAudioMP3

R. – Il Sud Sudan è la prima nazione africana che nasce in confini diversi da quella che era stata una colonia europea. Tutti gli altri Paesi africani ripercorrono i confini di ex colonie europee. Un elemento ripreso nella carta fondativa dell’organizzazione dell’Unità africana per evitare una serie di processi conflittuali, che si erano aperti al momento dell’indipendenza, però il processo che ha condotto questo Paese all’indipendenza si è realizzato attraverso un accordo di compromesso.

D. - Quali sono le poste in gioco più importanti nella contesa tra i due nuovi Stati?

R. - Ci sono problemi geopolitici legati agli equilibri in tutta questa grande regione, nel Corno d’Africa, dell’Africa orientale. Ci sono poi altre poste importanti. Un problema che si sta ponendo già ora è quello relativo ai confini fra i due nuovi Paesi. Il confine fra sud e nord non è tanto una linea dritta quanto un’area di transizione abitata da gruppi o favorevoli all’aggregazione con il nuovo Stato del Sud, oppure a mantenere il rapporto col nord. Non dimentichiamo che queste aree sono comunque aree petrolifere e effettivamente anche la definizione del confine può determinare il controllo di porzioni importanti della risorsa petrolifera da parte del nord o del sud.

D. - Il governo di Khartoum dopo la secessione sarà più forte o più debole?

R. – L’indipendenza della parte meridionale del Paese mette in discussione tutta la realtà nazionale sudanese quale entità statuale omogenea, con una forma di equilibrio che dopo l’indipendenza del Sud non venga ridiscusso anche nelle altre componenti del Paese. Tutto dipenderà da come effettivamente il Sudan riuscirà ad affrontare questo colpo alla dimensione e all’immagine nazionale. Per certi aspetti, la secessione del Sud può contribuire a una definizione di maggiore omogeneità del resto del Paese.

D. – Quali sfide dovrà affrontare il neonato governo sudista?

R. – Il Paese che nasce è un Paese relativamente marginale, piccolo, debole: non ha sbocco al mare, controlla una risorsa importante come il petrolio il cui sfruttamento però sfugge quasi completamente alla struttura del neonato Stato del Sud Sudan. Si è andato definendo in contrapposizione al Nord, ma contrapposizioni di tipo etnico regionali sono molto forti.

D. – C’è il rischio, viste le tensioni delle ultime settimane, che tra Nord e Sud riesploda il conflitto armato?

R. – Apparentemente, nelle zone di frontiera è già in atto, se non altro un consolidamento delle opposizioni. E’ uno di quei focolai di tensione che non possono non chiamare in causa il rapporto fra i due Stati anche in maniera conflittuale.(bf)







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