'Sapevamo che lo Stato
questa volta non avrebbe potuto rinunciare ad avviare il cantiere, ma temevamo che
il bilancio potesse essere peggiore'. Così don Ettore De Faveri, direttore del
settimanale cattolico 'La Valsusa', commenta i duri scontri tra forze dell'ordine
e manifestanti anti-Tav a Maddalena di Chiomonte, conclusisi con l'avvio dei lavori
preliminari della Torino-Lione. 'Qui sul territorio la posizione dei No-Tav è molto
robusta e consolidata e ha dalla sua un consistente sentimento "di popolo". E' una
posizione dietro la quale ci sono motivazioni diverse, ma molto radicata in Val Susa
perché qui le istituzioni, maggioranza e opposizione, non sono intervenute a sufficienza
per confrontarsi con la gente'. 'C'è chi si oppone alla Tav come modello di sviluppo
o per le bugie che sono state dette sulla prospettiva economica che la linea povrebbe
dare - spiega il direttore de 'La Valsusa' - ma anche perché il territorio valsusino
sente di aver dato già molto al Paese e teme nuovi possibili danni ambientali'. 'La
protesta è servita a provocare una riflessione da parte dei progettisti e ha imposto
modifiche'. Secondo il parroco della Valsusa 'per evitare altre tensioni lo Stato
dovrebbe riannodare dei rapporti stabili con i sindaci del territorio e concordare
con loro le modalità temporali della costruzione della linea'. 'Erano un cordone di
sicurezza che fino ai fatti di Venaus del 2005 ha consentito alla vicenda di non degenerare'.
'La missione delle chiese piemontesi - conclude don Ettore - deve essere oggi proprio
quella di riunificare un popolo troppo diviso'.