Gheddafi, mandato di arresto internazionale per uccisioni e stupri di massa
Spiccato il mandato di arresto internazionale contro Gheddafi. I giudici della Corte
penale internazionale (Cpi) hanno accolto la proposta del procuratore della Corte
stessa, Luis Moreno Ocampo, che parla di crimini contro l’umanità. Secondo Moreno
Ocampo in questo momento in Libia gli attacchi contro la popolazione civile da parte
del regime “continuano ad essere perpetrati”, e solo con l'arresto del rais e dei
suoi più stretti collaboratori si potrà porre fine a uccisioni e stupri di massa,
oltre all'uso diffuso della tortura. Il mandato di arresto è stato deciso anche per
il secondogenito del rais libico Saif al-Islam e per il capo dei servizi segreti libici,
Abdullah al-Senussi: anche loro sono accusati di crimini contro l'umanità. Massimiliano
Menichetti ha raccolto il commento di Gabriele Iacovino analista del Centro
Studi Internazionali:
R. – La decisione
rappresenta un po’ lo svolgimento naturale del processo investigativo intrapreso dalla
Corte Penale Internazionale e dal procuratore generale, Ocampo. Il problema sarà rendere
effettivo questo mandato d’arresto: il presidente del Sudan, Omar al-Bashir, per esempio,
che ha un procedimento uguale sulla propria testa, di fatto continua ad essere - senza
alcun problema – il presidente di uno Stato come il Sudan.
D. – Ma che
senso ha un mandato d’arresto nel momento in cui è già in corso un conflitto per capovolgere
la guida della Libia?
R. – Credo che in partenza dovesse essere un’arma
in più contro Gheddafi: purtroppo in questo momento, però, non ha tanto potere nella
soluzione o nella ricerca di una soluzione della crisi libica. Le operazioni vanno
avanti, i bombardamenti su Tripoli vanno avanti: è solo un altro tassello che può
contribuire a creare questo clima d’incertezza intorno alla crisi libica.
D.
– Russia e Cina continuano a ribadire: “Gli Stati non si intromettano negli affari
dei Paesi arabi, come Siria o Libia”. Che effetto avrà questa decisione della Corte
dell’Aja?
R. – Può creare degli ostacoli nel processo negoziale, nelle
trattative diplomatiche per un post-Gheddafi, perché un mandato d’arresto è un documento
internazionale e, quindi, chiude alcune strade diplomatiche e può rendere più difficoltoso
anche il processo negoziale nei confronti del rais.
D. – Tra chi cerca
di negoziare una conclusione delle violenze in Libia c’è l’Unione Africana, ma il
mandato di arresto complica le cose: a questo punto se Gheddafi dovesse cedere il
potere, dovrebbe essere sottoposto al giudizio della Corte?
R. – E’
un ulteriore segnale della Comunità internazionale contro Gheddafi. In questo momento
purtroppo può essere solo un ulteriore ostacolo nel processo di transizione e soprattutto
nel processo del negoziato. (mg)
In Siria, primo raduno pubblico dei
dissidenti: “Transizione alla democrazia” A Damasco, in Siria, il primo raduno
pubblico di oppositori, intellettuali e dissidenti ha lanciato un appello per una
“transizione pacifica verso la democrazia”. Proseguono intanto le manovre dell’esercito
di Damasco nelle zone di confine con la Turchia, Paese in cui il numero dei profughi
siriani ha ormai superato gli 11 mila.
In Egitto, rinviate le elezioni:
tempo per i nuovi movimenti per organizzarsi In Egitto, sono state rinviate
di tre mesi le elezioni parlamentari, originariamente previste per settembre. Sono
state quindi accolte in parte le richieste del movimento giovanile protagonista della
rivolta del 25 gennaio contro l’ex-presidente Mubarak. Il timore dei movimenti popolari
è che le forze dei Fratelli Musulmani e dell’ex partito nazionale democratico di Mubarak
possano dominare consultazioni indette troppo presto, non lasciando ad altri movimenti
il tempo di organizzarsi. Nessun riferimento è stato invece fatto alle elezioni presidenziali,
previste uno o due mesi dopo le legislative nel vecchio calendario.
Almeno
25 morti in Nigeria nella “città della paura” Almeno 25 persone sono rimaste
uccise e una trentina ferite in un attacco terroristico attribuito a estremisti islamici
avvenuto, ieri pomeriggio, a Maiduguri, città del nord-est della Nigeria a 870 chilometri
dalla capitale Abuja. Secondo vari media online, le autorità hanno chiamato in causa
un gruppo integralista chiamato Boko Haram, che recentemente si è attribuito la paternità
di un attentato contro il quartier generale della polizia a Abuja che aveva fatto
22 vittime. Alcune fonti sostengono che gli attentatori hanno colpito un frequentato
bar all'aperto situato nel quartiere periferico di Dala Kabompi. Altre sostengono
invece che i locali attaccati sono stati tre. Maiduguri, chiamata anche "la città
della paura", è popolata sia da musulmani sia da cristiani ed è teatro di continue
violenze. Tra dicembre e gennaio scorsi alcune chiese pentecostali sono state date
alle fiamme e sei persone sono state uccise per mano di estremisti islamici.
Mali:
l’esercito mauritano si scontra con al Qaeda, 17 morti Ieri, in Mali, un raid
dell’esercito della Mauritania contro l’ala maghrebina di al Qaeda si è concluso con
17 morti, di cui 15 militanti islamici. Le autorità mauritane hanno fatto sapere che
le operazioni contro il gruppo noto come ‘al Qaeda nel Maghreb islamico’ proseguono
anche dopo la distruzione della base che era l’obiettivo del blitz.
Afghanistan:
tre attentati, tra i morti anche due bambini In Afghanistan, sette persone
sono morte dopo l’esplosione di due diverse bombe nella provincia centro-orientale
di Ghazni. Tra le vittime, secondo le autorità, ci sono anche due bambini. Un episodio
simile è avvenuto in un’altra provincia, quella di Shahbaz, dove sono rimasti uccisi
tre civili. In tutti i casi, gli ordigni erano stati sistemati lungo il bordo di una
strada: sono attentati di questo tipo ad aver fatto il maggior numero di vittime civili
in Afghanistan.
Iraq: morti due soldati Usa Due soldati americani
sono stati uccisi ieri nel nord dell’Iraq, durante un’operazione militare su cui non
sono state diffuse altre informazioni. Dall’inizio del mese i militari americani morti
nel Paese sono 11, e il totale delle perdite dall’inizio dell’intervento militare
nel 2003 è di oltre 4400.
Kashmir pakistano: due morti in violenze elettorali In
Kashmir, regione contesa tra India e Pakistan, sono almeno 2 i morti e numerosi i
feriti a causa delle violenze scoppiate durante le elezioni che si sono svolte ieri
nella parte di territorio controllata da Islamabad. I disordini hanno costretto a
sospendere in alcuni seggi le operazioni di voto, a cui ha partecipato circa la metà
degli aventi diritto. Secondo i primi dati nella regione si profila la vittoria del
Partito popolare dell’attuale presidente pakistano Asif Ali Zardari.
In
Grecia, il parlamento discute il piano di austerity: rischio stabilità per l'Eurozona In
Grecia, il Parlamento comincia a discutere oggi la legge per l’attuazione del piano
di austerity concordato la scorsa settimana con gli organismi internazionali. Nel
pacchetto di interventi sul debito un peso importante è rappresentato dalle privatizzazioni.
Il servizio di Davide Maggiore:
Il governo
di Atene prevede di ottenere dalla vendita di proprietà statali 50 miliardi di Euro,
che saranno totalmente impiegati per la riduzione del debito. Agli investitori privati
potranno essere concesse anche spiagge o tratti di costa per un periodo di 50 anni,
sia pur con limiti chiaramente stabiliti dalla legge. Le imprese dichiarate ‘privatizzabili’,
invece non potranno più tornare proprietà dello Stato dopo essere state cedute. Con
gli interventi attualmente in discussione, il governo del premier Papandreou risponde
alle sollecitazioni della cosiddetta ‘troika' formata da Unione europea, Fondo monetario
internazionale e Banca Centrale Europea, e manda un segnale rassicurante ai creditori
esteri. Sul fronte interno, però, l’esecutivo deve fare i conti con le critiche dell’opposizione,
ma anche di parlamentari e militanti della sua area politica. Ieri, il ministro delle
Finanze tedesco ha dichiarato che se il Parlamento greco dovesse bocciare il pacchetto
di austerity, metterebbe a rischio la stabilità dell'intera area Euro.
Tadic
nel villaggio croato di Jadovno: mai più odio interetnico Il presidente serbo,
Boris Tadic, si è recato oggi nel villaggio croato di Jadovno dove ha partecipato
a una cerimonia di commemorazione delle decine di migliaia di vittime, in gran parte
serbi, ebrei e rom, uccise nel locale campo di concentramento istituito dal regime
filonazista croato durante la Seconda guerra mondiale. La cerimonia si è tenuta nel
70.mo anniversario dell'istituzione del lager, nel 1941. Tadic ha sottolineato la
necessità di chiudere definitivamente il capitolo dell'odio interetnico e della contrapposizione
fra Serbia e Croazia, due Paesi che - ha detto - hanno “una responsabilità particolare
nei confronti delle vittime e per la pace nei Balcani, oltre ad avere un ruolo speciale
in Europa”. Più di 40 mila persone, 38 mila delle quali erano serbi, furono uccise
nel campo di Jadovno tra il maggio e l'agosto 1941. Con Jasenovac, Jadovno era uno
dei maggiori campi di concentramento in Croazia durante l'ultimo conflitto mondiale.
Alla cerimonia, alla quale sono intervenuti anche esponenti politici e autorità croate,
era presente anche la madre del presidente serbo, Nevenka Tadic, il cui padre, Strahinja
Kicanovic, perì nel lager di Jadovno. Il campo di Jadovno fu smantellato nell'agosto
del 1941 dalle forze italiane che occuparono la regione. (Panoramica internazionale
a cura di Fausta Speranza e Davide Maggiore)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LV no. 178