Cambogia: storico processo a quattro leader del sanguinoso regime dei Khmer Rossi
La Cambogia volta definitivamente pagina sul sanguinoso regime dei Khmer Rossi, che
sotto la guida di Pol Pot, tra il 1975 ed il 1979, portò il terrore nel Paese asiatico,
con la morte di circa due milioni di persone. Oggi, a Phnom Penh, ha preso il via
il processo a quattro leader ancora in vita, accusati di crimini di guerra e contro
l’umanità. Nel procedimento, che si svolge sotto il patrocinio delle Nazioni Unite,
gli imputati si sono dichiarati non colpevoli. Ma che cosa è rimasto oggi in Cambogia
di quel tragico periodo? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Emilio Asti,
docente di Cultura orientale:
R. - Anzitutto,
dobbiamo ricordarci che durante quegli anni, cioè dal 1975 sino al 1979, anno dell’intervento
vietnamita in Cambogia, il regime di Pol Pot causò quasi due milioni di vittime. Si
tratta di un periodo veramente terribile che i cambogiani vorrebbero dimenticare a
tutti i costi, però purtroppo ancora oggi sopravvivono parenti di molti che furono
giustiziati durante quegli anni. Anche se è un capitolo che molti cambogiani non vorrebbero
riaprire, alcuni vorrebbero effettivamente mettere sotto processo l’intero periodo
del regime dei Khmer Rossi e liquidare definitivamente il passato. Si tratta certamente
di un’operazione dolorosa, però ritenuta necessaria, in modo tale che il Paese possa
affrontare i numerosi problemi ancora irrisolti come lo sviluppo delle zone rurali,
la corruzione estesa a tutti i livelli, e numerosi altri problemi.
D.
- Basterà un processo a consentire un reale e cammino verso la pacificazione nel Paese?
R.
- A mio avviso, il processo è un primo passo, un passo essenziale. Certamente, ci
vorrà ancora parecchio tempo prima che il Paese possa definitivamente liberarsi del
passato. E’ una questione soprattutto psicologica, perché gli incubi del passato perseguitano
ancora molti cambogiani. I quattro sotto processo rappresentano, in un certo qual
modo, l’intero periodo del regime di Pol Pot, morto nel 1998. Quindi, il processo
a questi individui rappresenta quasi un atto dovuto, necessario per l’evoluzione del
Paese. Ci troviamo in presenza di una società ancora traumatizzata: sono ancora molti,
oggi, i mutilati che ricordano gli orrori di quel regime. Poi, dobbiamo ricordarci
che ci sono ancora gravi problemi che impediscono uno sviluppo sereno e completo.
D.
- Che cosa è la Cambogia oggi, dal punto di vista sociale e nei rapporti con la comunità
internazionale?
R. - La Cambogia è un piccolo Paese del Sudest asiatico,
che lotta per lo sviluppo, nonostante l’estesa corruzione e il grave problema del
turismo sessuale. Purtroppo, in questi ultimi anni l’immagine della Cambogia si è
appannata, gli abitanti della Cambogia, i Khmer, sono molto orgogliosi, quindi soffrono
anche questa grave umiliazione e si assiste a diversi episodi di rifiuto della cultura
occidentale nei suoi aspetti più deleteri. Dall’altro lato, c’è una situazione politica
che impedisce una partecipazione più attiva della Cambogia nell’ambito dell’Asean,
l’Associazione delle nazioni del Sudest asiatico. C’è ancora il problema aperto con
il Vietnam, ma anche con la Thailandia. La Cambogia si trova ancora in una situazione
piuttosto precaria, circondata da vicini che la considerano una nazione ancora in
preda a gravi problemi, una nazione molto arretrata e corrotta: questo impedisce lo
sviluppo di rapporti proficui con queste due nazioni. (ma)