2011-06-24 14:14:41

Oggi a Lubecca la cerimonia di Beatificazione dei tre sacerdoti martiri del nazismo


Si svolgerà questa mattina nella chiesa del Sacro Cuore della città, la cerimonia di Beatificazione dei Martiri di Lubecca: tre sacerdoti uccisi durante il nazismo. A concelebrare il rito, il presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, il cardinale Walter Kasper, l’arcivescovo di Amburgo, Werner Thissen e il vescovo di Osnabrück, Franz-Josef Bode. In rappresentanza del Santo Padre, il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale Angelo Amato. Il servizio di Roberta Barbi:RealAudioMP3

Furono decapitati uno dopo l’altro nel giro di pochi minuti in una fredda sera d’autunno, il 10 novembre del 1943, nel carcere di Holstenglacis ad Amburgo. Le loro colpe, come da sentenza del Tribunale del Popolo nazionalsocialista, erano “disfattismo, malizia, favoreggiamento del nemico e ascolto di trasmissioni ostili”. Johannes Prassek, Hermann Lange ed Eduard Müller erano solo tre sacerdoti tedeschi, cresciuti nella Parola di Dio e nell’adorazione dell’Eucaristia, che avevano in comune la cura pastorale dei fedeli e l’educazione dei giovani, l’assistenza agli ammalati e un amore per la vita così forte - come insegnava il loro modello, l’allora vescovo Clemens August von Galen - che li spinse a condannare con forza e senza appello l’ideologia nazista, che riteneva lecita la soppressione di vite definite “improduttive”. Per questo condivisero l’arresto e poi la morte, come racconta il cardinale Angelo Amato, al microfono di Roberto Piermarini:

“Erano consapevoli della gravità della loro situazione e nello stesso tempo erano convinti di dover difendere la Chiesa e la fede cattolica dalle prevaricazioni del regime. Il giorno dell’esecuzione ricevettero il conforto dei Sacramenti ed espressero il perdono per i loro uccisori. Solo il parroco di Behnen poté accompagnare ciascuno dei tre sacerdoti, divenendo così testimone dell’evento. E questo parroco racconta del nobile gesto di perdono dei tre sacerdoti verso i loro carnefici”.

Oggi i tre sacerdoti sono noti come i Martiri di Lubecca, città fortemente martirizzata durante la Seconda Guerra Mondiale, sulla quale venne sperimentata l’odiosa tecnica della “tempesta di fuoco” la notte tra il 28 e il 29 marzo 1942, in cui morirono 320 persone. Ai tre sacerdoti viene spesso affiancato il pastore protestante Karl Friedrich Stellbrink, che fu giustiziato assieme a loro: Papa Benedetto XVI, nel suo discorso al nuovo ambasciatore tedesco del 13 settembre 2010, ha definito i quattro ecclesiastici “luminose indicazioni” per i credenti; “uomini che insegnano a dare la propria vita per la fede, per il diritto a esercitare il proprio credo e per la libertà di parola, per la pace e per la dignità”. Il cardinale Amato spiega cosa può insegnare, oggi, il loro sacrificio:

“Il martirio di questi sacerdoti è di grande significato per i laici e i sacerdoti a non appiattirsi sull’agenda culturale laicista di oggi, ma a riproporre con coraggio e chiarezza la verità evangelica, soprattutto in fatto di etica familiare e sociale”.

Nella società di oggi, libera e democratica, verrebbe da chiedersi se ci sono ancora cristiani che si fanno garanti della propria fede. Ma di fronte al terrore nazista, come dimostra il numero dei Beati che risalgono a quel periodo, è stata fortissima la testimonianza dei credenti in difesa della Chiesa cattolica, che dai nazisti fu duramente perseguitata:

“È storicamente documentato l’odium fidei contro i cattolici e soprattutto contro quei sacerdoti coraggiosi che criticavano il regime. Bastava, del resto, essere sacerdote cattolico per rischiare l’arresto, il processo-farsa e l’uccisione. I tre cappellani di Lubecca rappresentavano una vera spina nel fianco del regime. Furono giustiziati perché nessuno di essi rinunciò alla propria fede e alla morale cattolica”.

Soltanto di uno dei tre sacerdoti le spoglie mortali furono restituite alla famiglia; gli altri due vennero cremati e le loro ceneri disperse nel vento. Di loro restarono i ricordi di chi li aveva conosciuti, come il compagno di cella di padre Müller, che scrisse: “Non dimenticherò mai il modo in cui mi dava il buongiorno ogni mattina, né come mi salutava la sera prima di dormire. Non dimenticherò mai i suoi occhi dolci”.







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