2011-06-23 15:35:09

Siria: centinaia di civili in fuga in Turchia, dopo l’offensiva scatenata dalle truppe di Damasco nei villaggi al confine


Non si allenta la tensione tra la Siria e la comunità internazionale. Alle nuove sanzioni che starebbe per varare l’Unione Europea, Damasco ha risposto rompendo ogni rapporto con Bruxelles. Situazione sempre più critica, intanto, alla frontiera con la Turchia sulla quale premono i profughi siriani, incalzati dai reparti corazzati dell’esercito. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

Questa mattina, oltre 600 siriani sono entrati in Turchia, nel giro di poche ore, in seguito ai movimenti di truppe e carri dell’esercito siriano fra i villaggi a campi profughi a ridosso del confine, dove migliaia di civili si erano rifugiati nelle scorse settimane per fuggire alla repressione delle proteste. Il villaggio di Khirbet al-Joz, secondo testimoni, sarebbe stato preso letteralmente d’assalto dai reparti militari siriani. Ma la tensione ha toccato il culmine quando i blindati di Damasco sono arrivati a meno di un chilometro dal confine. I profughi in fuga sono comunque riusciti a varcare la frontiera, per poi avanzare in territorio turco lungo la strada utilizzata dalle guardie di confine di Ankara. Immediato l’intervento della polizia paramilitare turca che, con alcuni minibus, ha scortato i rifugiati verso la tendopoli della Mezzaluna Rossa che già accoglie oltre 10 mila siriani. Dalla parte turca del confine, i militari hanno inoltre piazzato sacchi di sabbia e binocoli per monitorare la situazione, oltre ad issare una gigantesca bandiera turca sulla sommità di una collina. E l’arrivo di profughi dalla Siria viene segnalato anche in Libano. Fonti della municipalità di Wadi Khaled, zona di frontaliera libanese, parlano di oltre 200 arrivi nelle ultime 24 ore.

Libia
“Sono con le spalle al muro, ma non temo la morte”. Per la prima volta Gheddafi, in tv, ammette di essere in difficoltà, ma sottolinea pure che la battaglia contro l'Occidente proseguirà fino nell'aldilà. E mentre il segretario generale della Nato, Rasmussen, ha annunciato il proseguimento dei raid, Francia e Gran Bretagna si dicono contrarie alla proposta italiana di uno stop umanitario delle ostilità, con la creazione di corridoi che consentano di portare aiuti alla popolazione.

Tunisia, Ben Ali
La magistratura tunisina è alla ricerca dei beni portati all’estero dall’ex presidente, Ben Ali, e rogatorie internazionali in questo senso sono state avviate con 25 Paesi. Lo scopo della Commissione governativa che lavora sull’argomento è quello di recuperare e restituire al Paese il "tesoro" accumulato in 23 anni dall’ex capo di Stato e dal clan familiare della moglie, Leila Trabelsi. Le stime diffuse nelle scorse settimane avevano indicato in circa 10 miliardi di euro il valore dei beni accumulati dall’ex presidente e dai Trabelsi. Sulla stampa locale, continuano intanto a diffondersi indiscrezioni sul materiale ritrovato in un presunto archivio segreto della passata amministrazione tunisina, scoperto in un palazzo di Parigi.

Afghanistan: Obama annuncia l’inizio del ritiro delle truppe Usa
Gli stati Uniti inizieranno un graduale ritiro dall’Afghanistan: lo ha annunciato in televisione il presidente, Barack Obama, specificando che saranno 10 mila, sugli attuali 100 mila, i militari che lasceranno il Paese asiatico entro l’anno. Il discorso è stato accolto con scetticismo dai talebani e con favore dal presidente afghano, Hamid Karzai. Ce ne riferisce Davide Maggiore:RealAudioMP3

Saranno complessivamente 33 mila i soldati coinvolti dal ritiro entro l’estate del 2012 e il numero totale degli effettivi statunitensi sul terreno scenderà a 25 mila due anni più tardi, quando il controllo del paese passerà completamente agli afghani. Il disimpegno, ha spiegato Obama, può iniziare “in posizione di forza” perché più di metà dei leader di al-Qaeda sono stati “neutralizzati”. Continuerà comunque l’impegno per rafforzare il governo afghano, anche attraverso il dialogo con quei talebani disposti a rompere con la rete terroristica. Il ritiro sarà accelerato rispetto a quanto suggerito dal comandante sul campo, il generale Petraeus: la Casa Bianca viene così incontro all’opinione pubblica interna, ma anche alle richieste di tagli alle spese dell’opposizione repubblicana. E il presidente afghano Karzai ha detto di considerare l’iniziativa americana “una buona misura” per entrambi i Paesi. Ostili invece le repliche dei talebani, che hanno definito “simbolica” la riduzione della presenza militare e confermato che la guerra continuerà fino al completo ritiro straniero. Intanto, dopo il discorso di Obama, anche la Francia ha annunciato un graduale disimpegno dalla guerra, con un calendario simile a quello di Washington.

Bahrein
Cresce la tensione in Barhein. Gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per la repressione avviata dai vertici del Paese nei confronti dell’opposizione. Washington ha puntato il dito contro la severità delle sentenze – emesse peraltro da una corte militare – che ieri hanno condannato otto esponenti dell’opposizione all’ergastolo per aver ordito un complotto contro lo Stato.

Yemen
“Una transizione immediata, pacifica e ordinata” è “nell’interesse del popolo dello Yemen”. Lo ha detto il sottosegretario di Stato americano per il Medio Oriente, Jeffrey Feltman. Secondo l’esponente del governo statunitense, il presidente yemenita Saleh – ricoverato dal 4 giugno in Arabia Saudita dopo essere stato ferito in un attacco al suo palazzo – “non tornerà presto nel Paese”. Si aggrava intanto il bilancio della maxi-evasione di militanti di al-Qaeda da un carcere nel sud: sarebbero 62 i detenuti che sono riusciti a fuggire: due di loro sono stati poi catturati, e altri tre sono morti dopo uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza.

Colloqui India-Pakistan
Nuovo round di colloqui tra India e Pakistan, nell'ambito del lungo processo di pace tra i due Paesi. Al centro della due giorni di incontri, al via oggi a Islamabad, questioni legate alla sicurezza, alla lotta al terrorismo e all'annosa disputa sul Kashmir, la regione himalayana contesa.

Cina
L’artista e dissidente cinese, Ai Weiwei, è stato rilasciato ieri a Pechino, dopo una detenzione di oltre due mesi seguita ad un'accusa di evasione fiscale. Dopo il pagamento di una cauzione e – sembra – dopo aver promesso di ripagare le tasse evase, l’uomo è ora in “residenza sorvegliata”, hanno fatto sapere le autorità cinesi. L'architetto, lo ricordiamo, è l’autore del celebre stadio futuristico di Pechino per le Olimpiadi del 2008, noto come il "nido d'uccello".

Russia-Bielorussia, forniture gas
La Russia potrebbe interrompere nei prossimi giorni le forniture di elettricità alla Bielorussia. La Repubblica ex sovietica, guidata dal presidente Nokolai Lukashenko, si trova in profonda crisi economica a causa del grave debito pubblico. Mosca rivendica il pagamento di 37 milioni di euro per forniture energetiche, ma contemporaneamente sta elargendo un cospicuo prestito a Minsk, a fronte della vendita di aziende pubbliche. Una situazione intricata che vede la Bielorussia fortemente esposta anche nei confronti del Fondo monetario internazionale (Fmi). Giancarlo La Vella ne ha parlato con Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana, esperto dell’area ex sovietica:RealAudioMP3

R. – Le forniture di energia elettrica della Russia alla Bielorussia valgono per il 10, 12 per cento dei consumi bielorussi, quindi sono importanti, non decisivi. La Russia non è in grado di “strangolare” immediatamente la Bielorussia, però questa crisi si trascina ormai da settimane. La Russia chiede il saldo del credito che ha nei confronti della Bielorussia che è di circa 400 milioni di euro. La Bielorussia non può pagare, quindi la Russia decide l’interruzione delle forniture; poi riprendono le trattative, la Russia rimanda e si va avanti così. Io credo che tutto questa durezza del Cremlino serva per poi poter ammorbidire le posizioni così da preparare e, forse anche favorire, la successione a Lukashenko. Il regime di Lukashenko è in crisi, l’economia è uno sfacelo, il debito cresce a vista d’occhio e certamente così non potrà andare avanti più per molto. La Russia, secondo me, si sta preparando a mettere politicamente le mani sul futuro della Bielorussia sulla sua posizione strategica importante per gasdotti e oleodotti e anche per alcune industrie che la Bielorussia ha e che non sono trascurabili come per esempio quelle del potassio.

D. – Questo attraverso il prestito che Mosca, contemporaneamente, sta concedendo alla Bielorussia?

R. – Sì, perché la Russia non ha interesse a distruggere la Bielorussia, a mandarla allo sfacelo, affamarla. Non é un nemico, è semplicemente un potenziale terreno di espansione politica ed economica. Da un lato, la sorregge perché il Paese non tracolli, ma dall’altro preme perché il regime si adegui oppure semplicemente cambi e se ne vada.

D. – Quali altri Paesi dell’area ex sovietica sono nelle stesse condizioni della Bielorussia nei rapporti con Mosca?

R. – Sono molti e proprio questo fatto che Eurasec - la comunità economica euroasiatica, in cui ovviamente c’è la Russia come parte preponderante e poi diversi altri Paesi dell’URSS - abbia deciso questo prestito, che è uno dei tanti prestiti fatti ad altri Paesi, dimostra che la Russia è costretta a tenere in piedi un certo equilibrio. Il discorso della riscossione dei debiti è sì importante, ma non può essere assolutizzato molto semplicemente perché, come nel caso della Bielorussia, altri Paesi che sono emersi dall’area sovietica, soprattutto in Asia centrale, rischierebbero veramente il tracollo e la bancarotta e la Russia che ha già qualche problema di suo non può certo permettersi tutta questa serie di turbolenze.

Brasile, Battisti ottiene visto permanente
Il Brasile ha concesso un visto permanente all’ex terrorista italiano, Cesare Battisti. Il Consiglio nazionale per l’immigrazione ha deciso di concedere il documento all’ex esponente dei "Proletari armati per il comunismo" a larga maggioranza. Ora, Battisti avrà tutti i diritti di un cittadino brasiliano, tranne quello di voto e di candidarsi alle elezioni. Se dovesse lasciare il Paese, però, potrebbe essere estradato in Italia dagli Stati che hanno un accordo in materia con Roma.

Somalia
Il presidente somalo, Sharif Cheikh Ahmed, ha nominato primo ministro Abduweli Mohamed Ali, in sostituzione di Mohamed Abdullahi Mohamed, costretto a dimettersi. Abduweli Mohamed Ali è stato incaricato di formare un nuovo governo che avrà come obiettivo primario la lotta alla ribellione. Le deboli autorità somale riconosciate dalla comunità internazionale controllano, infatti, solo parte del Paese che, in una buona parte, resta ostaggio delle milizie islamiche Al-Shabab. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Davide Maggiore)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 174







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