La proclamazione della nuova cattedrale bielorussa di Vitebsk nel racconto di mons.
Tejado Muñoz di "Cor Unum"
Il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, è
rientrato a Roma dalla Bielorussia, dove ha presieduto sabato scorso – come inviato
del Santo Padre – la celebrazione per la proclamazione della nuova cattedrale della
diocesi di Vitebsk. Domenica scorsa, il porporato ha poi presieduto nella Piazza dell’Indipendenza
della capitale Minsk, su invito dall’arcivescovo Kondrusiewicz, la celebrazione eucaristica
per il 20.mo anniversario di fondazione della metropolia di Minsk-Mohilev. Presenti
al rito tutta la gerarchia bielorussa, esponenti della Chiesa ortodossa russa, autorità
civili e numerosi vescovi e sacerdoti di Russia, Ucraina, Lettonia e Polonia. Il cardinale
Sarah è stato accompagnato dal sottosegretario di Cor Unum, mons. Segundo
Tejado Muñoz, il quale spiega al microfono di Roberto Piermarini l’importanza
per la Bielorussia della presenza del cardinale come inviato papale:
R. - La visita
del cardinale Sarah - dal mio punto di vista - è stata molto importante proprio per
mostrare alla Chiesa di una nazione che ha sofferto, per tantissimi anni, un regime
comunista, molto ferreo e molto chiuso, come la Chiesa universale le sia vicina. In
questo contesto, la presenza di un cardinale africano ha veramente molto colpito le
persone: i bambini lo guardavano con una tale espressione di ammirazione… Io credo
che per questo tipo di Chiese, che hanno sofferto molto a causa di una chiusura patita
poi dalla nazione intera, la presenza di persone come il cardinale Sarah - un cardinale
africano, della Guinea-Conakry - apra nuovi orizzonti, mostrando che la Chiesa è realmente
cattolica. Credo che questa sia la cosa che più è stato sottolineato, anche da parte
dei vescovi e dei fedeli: la felicità di constatare che la Chiesa non è questa piccola
realtà, ma è una realtà più ampia, più grande e più bella.
D. - In che
modo Cor Unum ha avuto contatti con la Caritas locale? E cosa fa la Chiesa
nel sociale in particolare?
R. - La Chiesa in Bielorussia è una realtà
molto viva. Abbiamo avuto contatti con la Caritas, sia a Vitebsk che a Minsk, così
come con gli operatori e tutti coloro che lavorano lì. E’ molto viva, ma trova delle
difficoltà a lavorare in campo sociale. Questa difficoltà è dovuta non soltanto a
difficoltà obiettive, ma anche e soprattutto a mancanza di mezzi per poterlo fare.
Ci sono tanti operatori e abbiamo visto tantissima presenza di sacerdoti, di suore,
di laici: loro fanno quello che possono con delle strutture abbastanza piccole, devo
dire, ma è molto, molto viva: sono chiese che rinascono con una grande forza.
D.
- Qual è l’importanza della nuova evangelizzazione in Bielorussia, Paese che è stato
per molti anni sotto l’ateismo?
R. - Sottolineerei di nuovo questa apertura
alla nuova evangelizzazione. Tutti questi movimenti e tutte queste realtà legate alla
nuova evangelizzazione hanno la caratteristica di far unire diversi popoli, di mettere
insieme diverse realtà. L’arcivescovo di Minsk ci diceva che, in occasione della Giornata
mondiale della gioventù, porteranno un numero elevato di ragazzi. Questa, secondo
me, rappresenta una grandissima ricchezza. Bisogna partire da qui: “Non siamo soli
e non siamo in questa nostra realtà così piccoli; la vita della nostra Chiesa è in
rapporto con tante altre chiese, con tante altre realtà e con tante altre vie di evangelizzazione.
Bisogna considerare anche che la Chiesa ha mantenuto la sua fede attraverso una pietà
popolare e questo ha permesso - grazie a Dio - di mantenere la fede in questi anni,
di tramandare la fede di generazione in generazione. Credo che in questo momento,
in una società globalizzata, siano necessari degli schemi, ma anche delle strutture
e delle forme di evangelizzazione nuova, che mettano appunto in rapporto fra di loro
le nazioni, i popoli, le Chiese e le persone. (mg)