Pakistan: aumenta la mobilitazione per Farah Hatim
Cresce la mobilitazione internazionale a favore della ragazza cattolica Farah Hatim,
rapita la mattina di domenica 8 maggio in Pakistan, nel sudest della provincia del
Punjab. La ventiquattrenne, studentessa di infermieristica è stata costretta a convertirsi
alla religione islamica e a sposare senza il suo consenso un giovane musulmano, Zeeshan
Iliyas, che l’ha poi rapita. Secondo l'agenzia Zenit, il ministro pakistano per l'Armonia
interreligiosa e le minoranze, il cattolico Akram Gill, ha avviato un'inchiesta su
questo caso. "Cercheremo di parlare con la ragazza, di appurare la sua volontà e di
risolvere pacificamente la questione", ha detto Paul Bhatti, fratello del ministro
ucciso Shahbaz Bhatti e attuale consigliere speciale per il governo sulle minoranze
religiose, "se accerteremo che Farah è trattenuta contro la sua volontà, chiederemo
l'intervento delle più alte autorità del governo federale". Nelle scorse settimane
si erano subito attivate la diocesi pakistana di Multan e la Commissione nazionale
"Giustizia e pace" della Conferenza dei vescovi cattolici del Pakistan (Pcbc), mentre
in Canada il parlamento di Ottawa ha chiesto al governo di intervenire presso il governo
del primo ministro pakistano Yousaf Raza Gilani. In Italia, invece, la Commissione
esteri della Camera dei Deputati ha inviato nei giorni scorsi una lettera all'ambasciatore
del Pakistan per segnalare il caso. L'Osservatore permanente della Santa Sede presso
l'ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, monsignor Silvano Tomasi, ha auspicato anche
l'intervento dell'Alto commissario ONU per i Diritti umani, sottolineando come il
problema sia l’impossibilità di comunicare con Farah. "Dovrebbe esistere un meccanismo
che, in queste situazioni, permetta un dialogo diretto con gli avvocati, con la famiglia,
con i funzionari dello Stato, per investigare e accertare la verità", ha affermato
monsignor Tomasi, che ha parlato di "una violazione dei diritti umani, della libertà
di coscienza e di religione, e di un abuso sulla più ampia libertà personale, la libertà
di poter scegliere come vivere la propria vita". Il presule si è poi soffermato sulle
questioni più difficili da affrontare in Pakistan fra cui anche la famigerata legge
sulla blasfemia che ha definito un "punto dolente per la questione della libertà religiosa.
Cercare di modificare questa legge è, per le comunità cristiane che spesso ne sono
vittime, una esigenza prioritaria: tale meccanismo perverso giustifica attacchi a
persone innocenti e produce costante incertezza e minaccia, in special modo per le
famiglie cristiane e di altre minoranze religiose", ha spiegato il presule. Secondo
i famigliari di Farah, la ragazza vive segregata ed ha subito dei maltrattamenti,
mentre per le autorità pakistane il caso è già chiuso: l’infermiera ha dichiarato
davanti ad un giudice di essersi convertita per sua volontà e di esserre sposata con
il suo rapitore. La famiglia di Farah sostiene invece che questa dichiarazione le
è stata estorta con le minacce e le percosse (M.R.)