Appello del cardinale Sepe per un maggiore impegno internazionale nella lotta alla
povertà
“Non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza la concreta lotta alla povertà
attraverso una più equa distribuzione delle ricchezze”. Così il cardinale Crescenzio
Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli, è intervenuto questa mattina in occasione
del convegno nazionale degli “Amici dei Poveri”, organizzazione che raccoglie circa
1500 operatori sociali in rappresentanza di 157 associazioni. Il porporato ha espresso
apprezzamento per l’iniziativa, ricordando come una discussione sulla povertà, centrale
dal punto di vista cristiano e umanitario, “non può essere considerata marginale tra
le grandi questioni che impegnano i protagonisti della scena nazionale e internazionale,
ai fini dello sviluppo globale e dell’indispensabile stabilità dei rapporti e degli
equilibri tra i Paesi del mondo”. “Pochi uomini e Nazioni”, ha aggiunto il cardinale
Sepe, “pretendono di controllare e governare in nome di una superiorità e di un diritto
che, in alcuni casi, si traduce in sfruttamento, violenza, offesa alla vita e alla
dignità della persona umana, profittando di uno stato di debolezza che non è soltanto
sociale ma anche fisica e, in tale caso, porta e riduce veramente alla marginalità”.
L’arcivescovo di Napoli ha poi ricordato come nei molti Stati attanagliati da crisi
politica, economica e alimentare, la Chiesa, in obbedienza al comandamento di amore
ricevuto da Gesù Cristo, da sempre si è data come suo compito quello di alleviare
la miseria delle persone bisognose, “intervenendo attraverso l’impegno, premuroso
e generoso, del volontariato cattolico e dei missionari, apostoli di Cristo e, senza
dubbio, anche apostoli dell’umanità”. Il cardinale Sepe ha poi evidenziato la necessità
di fissare obiettivi precisi e stanziamenti rapidi per la lotta alla povertà. Per
sconfiggere la fame, ha detto, è necessario “ridisegnare gli assetti internazionali,
stabilendo un rapporto prioritario tra Paesi che si trovano in un differente grado
di sviluppo”, in nome della comune appartenenza alla famiglia umana universale. Accanto
alla povertà “strutturale”, “che si manifesta agli angoli delle strade, sotto i porticati
e all’ingresso delle chiese, per la quale si mettono in atto forme spontanee e volontarie
di assistenza umanitaria”, il cardinale Sepe denuncia “una nuova e crescente povertà,
che risente certamente della crisi economica internazionale ma è propria dei Sud
del mondo, di quelle aree che, per ragioni storiche e non solo, sono rimaste vittime
di uno sviluppo incompiuto o errato. E’ una povertà silente, vissuta spesso nel chiuso
della famiglia, non rumoreggiante, ma grave e preoccupante perché in crescita, perché
colpisce i giovani e le donne, i padri e le madri di famiglia". “Vogliamo essere costruttori,
con gli altri, di un percorso di speranza”, ha concluso il cardinale Sepe, “che non
è immaginazione, illusione o sogno, ma è rappresentazione e costruzione, sin da oggi,
di un futuro diverso, fatto di giustizia e di pace, cui ciascuna persona ha il diritto
di tendere, in nome del diritto alla vita, che è sacro e irrinunciabile” (M.R.)