Mons. Vegliò: aprire canali umanitari per soccorrere i profughi in mare
“L’accoglienza è un dovere dell’Europa nei confronti di questi uomini e di queste
donne e quindi chiediamo ai governi europei di fare tutto il possibile per soccorrere
i barconi che si incontrano nel mare”. L’appello è stato pronunciato ieri sera da
mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli
Itineranti, in occasione della veglia di preghiera per le vittime dei viaggi verso
l’Europa “Morire di speranza”, celebrata a Roma, nella Basilica di Santa Maria in
Trastevere, e organizzata da Comunità di Sant’Egidio, Fondazione Migrantes, Centro
Astalli, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Caritas italiana e Acli. “A tutti
chiediamo di vivere la dimensione dell’accoglienza – ha sottolineato mons. Vegliò
citato dall'agenzia Sir - sapendo che nell’accogliere non si perde mai nulla, ma si
coglie un’occasione preziosa per ritrovare anche la nostra umanità”. “Nei piccoli
centri e paesi dove sono ospitati i rifugiati – ha aggiunto -, molti italiani hanno
dimostrato con i loro gesti, offrendo i vestiti e andando a trovare i profughi, come
hanno fatto i cittadini di Lampedusa, che c’è più gioia nell’accoglienza che non nel
chiudersi”. Dal 1990 ad oggi almeno 17.597 persone sono morte nei viaggi lungo le
frontiere dell’Europa. Nei primi cinque mesi del 2011 sono stati già 1820 i morti
nel Mediterraneo, di cui 1633 in viaggio verso l’Italia. “Questi ultimi mesi – ha
commentato mons. Vegliò - sono stati tragici per le morti in mare. Tra le imbarcazioni
partite dalla Libia, alcune erano così mal ridotte che, appena fuori dalle acque territoriali
libiche, già imbarcavano acqua”. “Ricordare queste persone – ha concluso - diventa
un impegno per risvegliare le coscienze e aiutare ad agire per il bene di tutti”.
Le organizzazioni promotrici fanno appello alla comunità internazionale e alle istituzioni
affinché “si proceda all’apertura urgente di canali umanitari e si garantisca il trasferimento
delle persone verso luoghi sicuri. Solo uno sforzo congiunto in questo senso può permettere
alle persone in fuga di non rischiare la propria vita in mare”. (M.G.)