Appello del Consiglio Ecumenico delle Chiese per la pace in Sud Sudan
Nello Stato meridionale del Kordofan, in Sud Sudan, oltre trecento mila persone sono
prive di ogni tipo di aiuto e incapaci di sfuggire ai combattimenti in corso tra le
truppe governative sudanesi e i membri del gruppo di ex ribelli del sedicente Esercito
di liberazione del popolo sudanese (Spla). La violenza - ha spiegato il segretario
generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, il reverendo Olav Fykse Tveit – è una
“potenziale minaccia per la transizione pacifica e l’indipendenza del Sud Sudan”,
che il prossimo 9 luglio diventerà il 54.mo Paese dell’Africa. A scegliere l’indipendenza
è stato il 99% dei votanti in occasione del referendum tenutosi lo scorso 9 gennaio
in Sud Sudan, a maggioranza cristiana e animista. “Il popolo e le Chiese in Sudan
– ha sottolineato Fykse Tveit – si sono impegnate troppo negli ultimi decenni a lavorare
per la pace e la cooperazione e non possono accettare adesso di vedere la regione
precipitare nuovamente nella violenza. Pace e giustizia – ha proseguito – sono la
volontà e il desiderio del popolo del Sudan e tutti dobbiamo contribuire a rendere
questo sogno una realtà”. Stati Uniti, Cina, Unione Africana, Unione Europea e Lega
Araba hanno avuto un ruolo fondamentale nella mediazione del “Comprehensive Peace
Agreement”, l’accordo di pace che ha portato al referendum dello scorso gennaio. A
questo prezioso impegno - ricorda l’Osservatore Romano - si sono aggiunti gli sforzi
della società civile che hanno coinvolto il Consiglio delle Chiese del Sudan. Di particolare
rilievo anche il contributo del Sudan Ecumenical Forum, sostenuto dal Consiglio ecumenico
delle Chiese e dalla Conferenza panafricana delle Chiese, che ha svolto un ruolo importante
nella sensibilizzazione, in campo internazionale, sui conflitti in Sudan. Il reverendo
Eberhard Hitzler, co-presidente del Sudan Ecumenical Forum, si è detto molto preoccupato
per la situazione nello Stato del Kordofan e ha lanciato un appello ai leader mondiali
e ai governi affinché vengano protetti i civili. “In aggiunta alle uccisioni, ai saccheggi,
agli incendi di beni e alle decine di migliaia di persone in fuga – ha concluso Hitzler
– la violenza è una grave minaccia per la stabilità tra Nord e Sud Sudan e potrebbe
influenza tutta la regione”. (A.L.)