2011-06-13 15:24:07

Siria: l'esercito riprende la città di Al Shughur ma aumentano le diserzioni


In Siria, dopo 4 giorni di combattimenti, l’esercito ha ripreso il controllo di Jisr Al Shughur, città roccaforte degli insorti al confine con la Turchia. Fonti governative riferiscono che è stata trovata una fossa comune con i corpi di soldati e poliziotti. Secondo le autorità siriane, sono almeno 120 gli agenti delle forze di sicurezza rimasti uccisi negli scontri. Sull’altro versante, fonti dell’opposizione rendono noto che nei combattimenti a Jisr Al Shughur sono morti oltre 40 civili. Sui drammatici episodi avvenuti nelle ultime ore in questa città nel nord ovest del Paese, Amedeo Lomonaco ha intervistato Camille Eid, esperto di Paesi arabi del quotidiano “Avvenire”:RealAudioMP3

R. - Sono trapelate notizie attraverso i profughi che arrivano in Turchia, che parlano non certo di bande armate o di malavitosi - come affermato dal governo - ma di un gruppo di 200 abitanti della città che si erano costituiti in comitati locali. Qualcuno vede nella “resistenza” dei quattro giorni una specie di salto di qualità, nel senso che ci sono dei disertori dell’esercito ufficiale che hanno denunciato il comportamento dell’esercito nei confronti dei civili e quindi hanno preferito disertare. Sarebbero stati questi soldati ad opporre resistenza all’esercito regolare, ai loro ex compagni di armi. Lo stesso vale per la storia dei 120 soldati o carabinieri uccisi nella città di Jisr Al Shughur: alcuni dicono si sia trattato non tanto di un massacro ad opera dei ribelli contro degli elementi dell’esercito o delle forze dell’ordine, quanto di una faida interna all’esercito, ossia militari che hanno sparato contro altri militari che rifiutavano di eseguire gli ordini.

D. - La situazione è dunque drammatica. Secondo l’opposizione sono oltre 1.300 i civili che hanno perso la vita dall’inizio delle proteste ed inoltre sono oltre sei mila e 800 i profughi fuggiti dalla Siria verso la Turchia. Questi numeri, purtroppo, non bastano a fermare il regime…

R. - Purtroppo no. Abbiamo visto che il Consiglio di Sicurezza viene un po’ ostacolato nel suo lavoro da Russia e Cina, che si oppongono ad una risoluzione dura nei confronti della Siria, ma Damasco sta perdendo tutti i suoi amici, perché la stessa Turchia sta usando toni durissimi verso la Siria.

D. - Poi toccherà anche ad Europa e Stati Uniti alzare i toni?

R. - Damasco non sembra granché preoccupata perché vede che l’Europa e gli Stati Uniti sono indaffarati per la questione libica e adesso usano la mano dura proprio per questo motivo. Ma chiaramente le Ong premono sul Consiglio di Sicurezza e su altri organismi internazionali per avere una condanna della Siria riguardo questi comportamenti.

D. - E’ già ipotizzabile, oggi, in Siria, un post-Assad? C’è qualche forza politica in grado di poter prendere il potere?

R. - Una sola forza no. L’opposizione siriana è variegata: comprende la componente islamica dei fratelli musulmani, repressi negli anni Ottanta, ma anche dei liberali, dei laici, dei socialisti e addirittura degli ex baathisti che si sono costituiti in un nuovo Baath. L’opposizione, quindi, non è soltanto una ma stanno cercando di lavorare su un fronte comune, anche se siamo ben lontani dall’avere una comunione d’intenti che possa vederli coalizzati in un fronte unico. Fatto sta che la rivolta viene portata avanti non da questi partiti, che lavorano perlopiù all’estero - in Europa o in America - ma da componenti che sono sganciate da ogni formazione politica. C’è la gioventù, ci sono gli universitari ed i civili tout court ad opporsi all’attuale potere.

D. - Una componente importante è poi quella dei profughi, che con la loro presa di coscienza possono contribuire, dall'estero, ancora di più a informare e sensibilizzare…

R. - Esattamente. Purtroppo il numero dei profughi è destinato ad aumentare, per via della Turchia che ha chiuso, negli ultimi due giorni, le sue frontiere perché era in corso l’elezione del Parlamento. Vedremo, nei prossimi giorni, come il flusso migratorio continuerà e non solo verso la Turchia, ma anche verso il Libano e la Giordania. (vv)







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