Pentecoste. Il Papa: la Chiesa abbraccia tutti i popoli al di là di razze, classi
e nazioni; se fosse nata dall'uomo sarebbe già estinta
La Chiesa è cattolica, cioè aperta a tutti, fin dal primo momento, perché “fin dal
primo istante lo Spirito Santo l’ha creata come la Chiesa di tutti i popoli; essa
abbraccia il mondo intero, supera tutte le frontiere di razza, classe, nazione; abbatte
tutte le barriere e unisce gli uomini nella professione del Dio uno e trino”: è quanto
ha affermato il Papa nell’omelia della Messa nella Solennità di Pentecoste da lui
presieduta nella Basilica di San Pietro. Benedetto XVI ha ricordato che “lo Spirito
Santo anima la Chiesa. Essa non deriva dalla volontà umana, dalla riflessione, dall’abilità
dell’uomo e dalla sua capacità organizzativa, poiché se così fosse essa già da tempo
si sarebbe estinta, così come passa ogni cosa umana. Essa invece è il Corpo di Cristo,
animato dallo Spirito Santo”. Inoltre, la Chiesa “è santa, non grazie alla capacità
dei suoi membri, ma perché Dio stesso, con il suo Spirito, la crea, la purifica e
la santifica sempre”. Il Papa ha poi spiegato cosa succede con la discesa dello Spirito
Santo: “dallo scompiglio di Babele, da quelle voci che strepitano una contro l’altra,
avviene una radicale trasformazione: la molteplicità si fa multiforme unità, dal potere
unificatore della Verità cresce la comprensione". Lo Spirito Santo "fa in modo che
ci si comprenda pur nella diversità delle lingue, attraverso la fede, la speranza
e l’amore, si forma la nuova comunità della Chiesa di Dio”. Di seguito il testo
dell’omelia:
Cari fratelli e sorelle!
Celebriamo
oggi la grande solennità della Pentecoste. Se, in un certo senso, tutte le solennità
liturgiche della Chiesa sono grandi, questa della Pentecoste lo è in una maniera singolare,
perché segna, raggiunto il cinquantesimo giorno, il compimento dell’evento della Pasqua,
della morte e risurrezione del Signore Gesù, attraverso il dono dello Spirito del
Risorto. Alla Pentecoste la Chiesa ci ha preparato nei giorni scorsi con la sua preghiera,
con l’invocazione ripetuta e intensa a Dio per ottenere una rinnovata effusione dello
Spirito Santo su di noi. La Chiesa ha rivissuto così quanto è avvenuto alle sue origini,
quando gli Apostoli, riuniti nel Cenacolo di Gerusalemme, «erano perseveranti e concordi
nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli
di lui» (At 1,14). Erano riuniti in umile e fiduciosa attesa che si adempisse la promessa
del Padre comunicata loro da Gesù: «Voi, tra non molti giorni, sarete battezzati in
Spirito Santo…riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi» (At
1,5.8).
Nella liturgia della Pentecoste, al racconto degli Atti degli
Apostoli sulla nascita della Chiesa (cfr At 2,1-11), corrisponde il salmo 103 che
abbiamo ascoltato: una lode dell’intera creazione, che esalta lo Spirito Creatore
il quale ha fatto tutto con sapienza: «Quante sono le tue opere, Signore! Le hai fatte
tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature…Sia per sempre la gloria del
Signore; gioisca il Signore delle sue opere» (Sal 103,24.31). Ciò che vuol dirci la
Chiesa è questo: lo Spirito creatore di tutte le cose, e lo Spirito Santo che Cristo
ha fatto discendere dal Padre sulla comunità dei discepoli, sono uno e il medesimo:
creazione e redenzione si appartengono reciprocamente e costituiscono, in profondità,
un unico mistero d’amore e di salvezza. Lo Spirito Santo è innanzitutto Spirito Creatore
e quindi la Pentecoste è festa della creazione. Per noi cristiani, il mondo è frutto
di un atto di amore di Dio, che ha fatto tutte le cose e del quale Egli si rallegra
perché è “cosa buona”, “cosa molto buona” (cfr Gen 1,1-31). Dio perciò non è il totalmente
Altro, innominabile e oscuro. Dio si rivela, ha un volto, Dio è ragione, Dio è volontà,
Dio è amore, Dio è bellezza. La fede nello Spirito Creatore e la fede nello Spirito
che il Cristo Risorto ha donato agli Apostoli e dona a ciascuno di noi, sono allora
inseparabilmente congiunte.
La seconda Lettura e il Vangelo odierni
ci mostrano questa connessione. Lo Spirito Santo è Colui che ci fa riconoscere in
Cristo il Signore, e ci fa pronunciare la professione di fede della Chiesa: “Gesù
è Signore” (cfr 1 Cor 12,3b). Signore è il titolo attribuito a Dio nell’Antico Testamento,
titolo che nella lettura della Bibbia prendeva il posto del suo impronunciabile nome.
Il Credo della Chiesa è nient’altro che lo sviluppo di ciò che si dice con questa
semplice affermazione: “Gesù è Signore”. Di questa professione di fede san Paolo ci
dice che si tratta proprio della parola e dell’opera dello Spirito Santo. Se vogliamo
essere nello Spirito Santo, dobbiamo aderire a questo Credo. Facendolo nostro, accettandolo
come nostra parola, accediamo all’opera dello Spirito Santo. L’espressione “Gesù è
Signore” si può leggere nei due sensi. Significa: Gesù è Dio, e contemporaneamente:
Dio è Gesù. Lo Spirito Santo illumina questa reciprocità: Gesù ha dignità divina,
e Dio ha il volto umano di Gesù. Dio si mostra in Gesù e con ciò ci dona la verità
su noi stessi. Lasciarsi illuminare nel profondo da questa parola è l’evento della
Pentecoste. Recitando il Credo, noi entriamo nel mistero della prima Pentecoste: dallo
scompiglio di Babele, da quelle voci che strepitano una contro l’altra, avviene una
radicale trasformazione: la molteplicità si fa multiforme unità, dal potere unificatore
della Verità cresce la comprensione. Nel Credo che ci unisce da tutti gli angoli della
Terra, che, mediante lo Spirito Santo, fa in modo che ci si comprenda pur nella diversità
delle lingue, attraverso la fede, la speranza e l’amore, si forma la nuova comunità
della Chiesa di Dio.
Il brano evangelico ci offre poi una meravigliosa
immagine per chiarire la connessione tra Gesù, lo Spirito Santo e il Padre: lo Spirito
Santo è rappresentato come il soffio di Gesù Cristo risorto (cfr Gv 20,22). L’evangelista
Giovanni riprende qui un’immagine del racconto della creazione, là dove si dice che
Dio soffiò nelle narici dell’uomo un alito di vita (cfr Gen 2,7). Il soffio di Dio
è vita. Ora, il Signore soffia nella nostra anima il nuovo alito di vita, lo Spirito
Santo, la sua più intima essenza, e in questo modo ci accoglie nella famiglia di Dio.
Con il Battesimo e la Cresima ci è fatto questo dono in modo specifico, e con i sacramenti
dell’eucaristia e della Penitenza esso si ripete di continuo: il Signore soffia nella
nostra anima un alito di vita. Tutti i Sacramenti, ciascuno in maniera propria, comunicano
all’uomo la vita divina, grazie allo Spirito Santo che opera in essi.
Nella
liturgia di oggi cogliamo ancora un’ulteriore connessione. Lo Spirito Santo è Creatore,
è al tempo stesso Spirito di Gesù Cristo, in modo però che il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo sono un solo ed unico Dio. E alla luce della prima Lettura possiamo
aggiungere: lo Spirito Santo anima la Chiesa. Essa non deriva dalla volontà umana,
dalla riflessione, dall’abilità dell’uomo e dalla sua capacità organizzativa, poiché
se così fosse essa già da tempo si sarebbe estinta, così come passa ogni cosa umana.
Essa invece è il Corpo di Cristo, animato dallo Spirito Santo. Le immagini del vento
e del fuoco, usate da san Luca per rappresentare la venuta dello Spirito Santo (cfr
At 2,2-3), ricordano il Sinai, dove Dio si era rivelato al popolo di Israele e gli
aveva concesso la sua alleanza; “il monte Sinai era tutto fumante – si legge nel Libro
dell’Esodo –, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco” (19,18). Infatti
Israele festeggiò il cinquantesimo giorno dopo Pasqua, dopo la commemorazione della
fuga dall’Egitto, come la festa del Sinai, la festa del Patto. Quando san Luca parla
di lingue di fuoco per rappresentare lo Spirito Santo, viene richiamato quell’antico
Patto, stabilito sulla base della Legge ricevuta da Israele sul Sinai. Così l’evento
della Pentecoste viene rappresentato come un nuovo Sinai, come il dono di un nuovo
Patto in cui l’alleanza con Israele è estesa a tutti i popoli della Terra, in cui
cadono tutti gli steccati della vecchia Legge e appare il suo cuore più santo e immutabile,
cioè l’amore, che proprio lo Spirito Santo comunica e diffonde, l’amore che abbraccia
ogni cosa. Allo stesso tempo la Legge si dilata, si apre, pur diventando più semplice:
è il Nuovo Patto, che lo Spirito “scrive” nei cuori di quanti credono in Cristo. L’estensione
del Patto a tutti i popoli della Terra è rappresentata da san Luca attraverso un elenco
di popolazioni considerevole per quell’epoca (cfr At 2,9-11). Con questo ci viene
detta una cosa molto importante: che la Chiesa è cattolica fin dal primo momento,
che la sua universalità non è il frutto dell’inclusione successiva di diverse comunità.
Fin dal primo istante, infatti, lo Spirito Santo l’ha creata come la Chiesa di tutti
i popoli; essa abbraccia il mondo intero, supera tutte le frontiere di razza, classe,
nazione; abbatte tutte le barriere e unisce gli uomini nella professione del Dio uno
e trino. Fin dall’inizio la Chiesa è una, cattolica e apostolica: questa è la sua
vera natura e come tale deve essere riconosciuta. Essa è santa, non grazie alla capacità
dei suoi membri, ma perché Dio stesso, con il suo Spirito, la crea, la purifica e
la santifica sempre.
Infine, il Vangelo di oggi ci consegna questa
bellissima espressione: «I discepoli gioirono al vedere il Signore» (Gv 20,20). Queste
parole sono profondamente umane. L’Amico perduto è di nuovo presente, e chi prima
era sconvolto si rallegra. Ma essa dice molto di più. Perché l’Amico perduto non viene
da un luogo qualsiasi, bensì dalla notte della morte; ed Egli l’ha attraversata! Egli
non è uno qualunque, bensì è l’Amico e insieme Colui che è la Verità che fa vivere
gli uomini; e ciò che dona non è una gioia qualsiasi, ma la gioia stessa, dono dello
Spirito Santo. Sì, è bello vivere perché sono amato, ed è la Verità ad amarmi. Gioirono
i discepoli, vedendo il Signore. Oggi, a Pentecoste, questa espressione è destinata
anche a noi, perché nella fede possiamo vederLo; nella fede Egli viene tra di noi
e anche a noi mostra le mani e il fianco, e noi ne gioiamo. Perciò vogliamo pregare:
Signore, mostrati! Facci il dono della tua presenza, e avremo il dono più bello: la
tua gioia. Amen!