La gioia del popolo gitano all'indomani dello storico incontro con il Papa in Vaticano
Mai più vessazioni, rifiuto o disprezzo verso gli zingari: questo l’appello del Papa
ieri nello storico incontro in Vaticano con circa 2000 rappresentanti del popolo gitano.
Un evento gioioso, caratterizzato da danze e musiche tipiche di questo popolo. Ascoltiamo
le testimonianze di alcuni zingari raccolte da Fabio Colagrande:
R. – Sono
Bonan, vengo dall’ex Jugoslavia. Sono dell’etnia Rom.
D. – Cosa rappresenta
per lei questo incontro con Benedetto XVI?
R. – E’ una cosa bellissima,
anche perché non è stata la comunità Rom a chiedere questo incontro, ma è stato il
Papa stesso! E’ una cosa bellissima!
D. – Questo gesto che significato
ha per voi?
R. – Rimarrà in tutti i cuori dei Rom. Rimarrà scritto nella
storia! I Rom di tutte le culture e di tutte le etnie sono venuti da tutte le parti
del mondo.
D. – La Chiesa e il Papa chiedono alla comunità cattolica,
al mondo, di non essere razzisti nei confronti delle comunità dei Rom e dei Sinti.
Voi come commentate questo gesto?
R. – E’ una cosa bellissima, bisogna
integrare tutti …
D. – Però, la Chiesa chiede anche a voi un impegno
a rispettare la legalità, per aiutare questa integrazione. Voi ve la sentite di impegnarvi?
R.
– Come no? Molti di noi già si sono impegnati e sono integrati. Pian piano seguiranno
anche gli altri. Basta far loro capire questo e poi ascoltarli, aprire un dialogo
e far capire anche alle amministrazioni la necessità di un’integrazione.
D.
– Lei è consapevole del fatto che magari per colpa di alcuni delle vostre comunità
che non si comportano in maniera corretta, a pagare poi sia tutto un popolo?
R.
– Sì, ne sono consapevole, ma questo non riguarda soltanto la cultura Rom: in tutte
le culture di tutto il mondo c’è la parte buona e la parte cattiva. Ma c'è una differenza,
a causa dei pregiudizi nei riguardi dei Rom: se un Rom fa qualcosa di male, se ne
parla mesi e secoli, mentre se la stessa cosa è fatta da un’altra persona, se ne parla
due giorni e finisce così. Questo è il problema. Ovunque ci sono sempre i buoni e
i cattivi.
D. – E’ vero che sta cambiando qualcosa nelle vostre comunità?
Che vi state integrando di più, che avete abbandonato il nomadismo?
R.
– Sì, i miei genitori sono in Italia dagli anni Cinquanta, e dagli anni Sessanta sono
diventati stanziali, fermi sul territorio romano. Qualche volta andiamo nel nostro
Paese di origine, ma solamente per una vacanza di dieci-venti giorni; ma la nostra
residenza è a Roma.
D. - Ecco una famiglia Rom, marito e moglie con
i figli: da dove venite?
R. - Dalla Romania.
D. - Siete
qui con tutta la famiglia?
R. – Sì, siamo cinque persone.
D.
– Ma essere accolti qui in Vaticano per voi ha un significato importante?
R.
– Sì, ci sentiamo benissimo!
D. – E i figli come si trovano a scuola?
R.
– Si trovano bene, imparano.
R. – Le maestre dicono che vanno bene.
D.
– Voi avete difficoltà a trovare lavoro?
R. – Sì, un po’ di difficoltà
ci sono, ma ringraziamo Dio perché un po’ lavoriamo e non moriamo di fame.
R.
– Ringraziamo Dio!
D. - Ai nostri microfoni abbiamo una bambina: come
ti chiami?
R. - Io mi chiamo Elisabetta …
D. – Da dove
vieni?
R. – Io vengo dalla Romania.
D. – La fede è importante
nella tua vita?
R. – Sì.
D. – Se potessi dire qualcosa
al Papa cosa gli diresti? Gli faresti un sorriso?
R. – (sorride) Sì!
D.
- Lei, signora, cosa vuole dire riguardo alle parole del Papa contro la discriminazione?
R. – Anche noi Rom siamo uguali agli altri. Non ci deve essere discriminazione
verso di noi e i nostri figli. Anche noi vogliamo andare a scuola, vogliamo lavorare
e abbiamo voglia di essere come tutte le persone. Non vogliamo essere trattati così
male. Io sono una persona che lavora e i miei figli vanno a scuola, quindi voglio
parlare per i Rom di tutto il mondo: non ci deve essere discriminazione verso nessuno!
D. – Ecco un'altra signora. Come si chiama?
R. – Io sono
Rom e mi chiamo Corabia, vengo dalla Romania e abito a Milano. Sono felice, perché
sto lavorando e i miei figli vanno a scuola. Abito in una casa. Si può vivere anche
in una casa. Se ci troviamo in mezzo alla strada è perché non abbiamo lavoro e siamo
poveri, i più poveri del mondo, e non siamo trattati mai bene da nessuno.
D.
– Secondo lei, signora, qual è il modo per favorire l’integrazione degli zingari?
R.
– Il modo per integrare gli zingari deve essere quello di darci una mano. E poi, il
lavoro, perché senza lavoro non si può andare avanti. Non c’è fiducia per noi Rom,
ma non siamo come ci dipingono: siamo persone che vogliono avere un’altra vita per
i nostri figli e per noi. Se ci daranno una mano e ci aiuteranno ad integrarci, allora
noi ci integreremo volentieri. Tutti i Rom di tutto il mondo sono pronti ad integrarsi.
Io ho abitato nei campi, ma poi sono cambiata con un lavoro, con una casa, con i miei
figli a scuola: possono cambiare tutti, basta avere qualcuno che ci stia vicino e
ci dia fiducia. Grazie mille per tutto!