India: giustizia negata per i cristiani vittime dei pogrom in Orissa
A tre anni dai pogrom, i cristiani del distretto di Kandhamal, nello Stato orientale
di Orissa, devono fronteggiare anche un’altra forma di discriminazione: una giustizia
sempre, o quasi, negata. Di recente, il Global Council of Indian Christians
(Gcic) ha portato alla luce il caso di una donna del villaggio di Girti, che, rimasta
vedova nel 2008, solo a marzo 2011 ha potuto denunciare la morte del marito e della
loro bambina di 2 anni. Durante i pogrom anticristiani, un gruppo di radicali indù
prese d’assalto le 10 famiglie del villaggio: negli scontri, l’uomo venne torturato
e poi gettato in un fosso insieme alla figlia e vennero ritrovati il giorno successivo.
All’epoca, la polizia non volle registrare la denuncia della vedova. Proprio in questi
giorni, Sajan K George, presidente nazionale del Gcic, ha dichiarato all'agenzia AsiaNews:
“Il Global Council of Indian Christians, insieme con la società civile, è determinato
a portare alla luce i martiri sepolti del Kandhamal”. Al momento, nessuno vive più
nel villaggio di Girti: cinque famiglie (compresa quella della vedova) si sono spostate
a Semingpadar, altre cinque in un altro villaggio. “I cristiani del distretto di Kandhamal
vivono ancora nella paura”, ha affermato padre Praful Sabhapati, ex parroco di Batticola,
chiusa nel 2007 per le continue minacce da parte di gruppi radicali indù “ma non siamo
scoraggiati”, continua, “piuttosto, dobbiamo aiutare i nostri fratelli a rimanere
saldi nella loro fede e aggrapparsi a Gesù”. Nonostante le rassicurazioni del governo,
in molte zone i cristiani temono ancora gli attacchi del Rashtriya Swayamsevak
Sangh (Rss), una delle più violente organizzazioni ultranazionaliste indù, e sono
migrati in altre parti dell’India. “Molti non torneranno”, spiega il sacerdote, “finché
ci sarà questo clima di paura e discriminazione, anche sociale ed economica”. (M.
R.)