Dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi sulle ordinazioni episcopali
illegittime
E’ stata resa nota ieri una Dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi
sulle ordinazioni episcopali senza il mandato pontificio. Il testo è stato pubblicato
sull’Osservatore Romano. Nell’introduzione alla Dichiarazione si fa notare che negli
ultimi decenni hanno avuto luogo in diversi Paesi varie ordinazioni episcopali senza
il mandato pontificio. Tali ordinazioni - si sottolinea - rompono la comunione con
il Papa e violano in maniera grave la disciplina ecclesiastica. Come ricorda il Concilio
Vaticano II, se il Successore di Pietro rifiuta o nega la comunione apostolica, i
vescovi non possono essere assunti all’ufficio episcopale. Trattandosi di una questione
assai importante e delicata, la Santa Sede ha sempre prestato ad essa grande attenzione,
adoperandosi in tutti i modi per impedire che avvengano consacrazioni episcopali illegittime.
In tale contesto, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi ha compiuto uno
studio approfondito della problematica, connessa con la retta applicazione del can.
1382 del Codice di Diritto Canonico, con particolare riferimento alle responsabilità
canoniche dei soggetti coinvolti in una consacrazione episcopale senza il necessario
mandato apostolico. Pubblichiamo in merito una nota del direttore della Sala Stampa
vaticana, padre Federico Lombardi:
La lettura della Dichiarazione
del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi sulla retta applicazione del canone
1382 del Codice di diritto canonico può essere articolata in quattro passi principali.
Il
primo. Occorre comprendere la gravità del fatto di un’ordinazione episcopale senza
mandato del Papa, come fatto che ferisce profondamente la comunione nella Chiesa cattolica,
e quindi viene sanzionato con la pena gravissima della scomunica, che colpisce non
solo l’ordinato, ma anche chi compie la consacrazione e chi vi partecipa come co-consacrante.
Questa scomunica dipende dal compimento stesso del fatto, e non ha bisogno di essere
imposta esplicitamente da un giudice: è ciò che significa la formula: “scomunica latae
sententiae”.
Il secondo. Nei singoli casi vi possono essere circostanze
personali in cui si trovano l’ordinato e/o gli ordinanti che costituiscano delle attenuanti
(come il timore grave, il grave incomodo, la violenza fisica…) che possono far sì
che questa scomunica non si applichi. In tali situazioni, dette attenuanti vanno dunque
verificate in merito a ciascuno dei soggetti che intervengono nel rito: i ministri
consacranti e i chierici consacrati.
Il terzo. In ogni caso – anche
qualora per motivi soggettivi le persone coinvolte non siano incorse nella scomunica
- il fatto oggettivo grave dell’ordinazione senza mandato del Papa crea scandalo,
disorientamento, divisione fra i fedeli. Sono inconvenienti gravi, che non possono
essere sottovalutati e richiedono quindi atti significativi di ricostruzione della
comunione ecclesiale e di penitenza che possano essere apprezzati da tutti. Le persone
che poi – non essendoci attenuanti - siano effettivamente incorse nella scomunica
e ne sono consapevoli non possono partecipare alla celebrazione dell’Eucarestia e
all’amministrazione dei sacramenti (ciò è gravemente illecito anche se rimarrebbe
valido), né compiere atti di governo.
Il quarto. Se la situazione lo
richiede, per riparare lo scandalo e ristabilire la comunione, la Santa Sede può infliggere
censure o sanzioni (fino al punto di dichiarare esplicitamente la scomunica). E’ inteso
che la finalità di queste pene è sempre di condurre al pentimento e alla riconciliazione.
Chi dimostra di essere sinceramente pentito ha diritto ad essere assolto anche dalla
scomunica. Assoluzione che però, nel caso dell’ordinazione episcopale senza mandato
pontificio, può essere data solo dalla Santa Sede. (Per il testo completo della
dichiarazione, si rinvia all’edizione online dell’Osservatore Romano, http://www.osservatoreromano.va)