Referendum, Acli e Focsiv: acqua resti un bene comune gestito pubblicamente
Domenica prossima, dalle 8 alle 22, e lunedì 13 giugno, dalle 7 alle 15, le urne italiane
saranno aperte per accogliere gli oltre 47 milioni di cittadini aventi diritto di
voto, convocati per esprimere un parere su quattro referendum. La consultazione popolare
tocca alcuni quesiti – come la privatizzazione dell’acqua e l’energia nucleare – che
hanno polarizzato in modo evidente il dibattito in queste ultime settimane. Il tema
dell’acqua, in particolare, sta registrando una forte mobilitazione del mondo cattolico,
generalmente contrario alla privatizzazione. Luca Collodi ha chiesto il perché
a Sergio Marelli, direttore generale di Focsiv – Volontari nel mondo:
R. - E’ un
impegno importante e significativo, che immagino sarà anche determinante per il raggiungimento
del quorum. Penso sia una espressione di un associazionismo cattolico che ribadisce
l’importanza di una partecipazione diretta dei cittadini e dei cristiani alla vita
politica del nostro Paese.
D. - Marelli, i laici cattolici si sono in
particolare impegnati per mantenere l’acqua pubblica: perché?
R. - Perché
l’acqua è un bene comune. E’ difficile, anche alla luce delle moltissime esperienze
precedenti, trovare degli esempi dove con la privatizzazione si è migliorato l’accesso
a questo bene comune e, quindi, a questo diritto che deve essere garantito a tutti.
In tutti i casi, anche e soprattutto nei Paesi poveri dove come Focsiv lavoriamo,
in cui si è riscorsi alla privatizzazione dell’acqua, si è assistito ad un rincaro
dei costi e quindi fondamentalmente si è assistito ad una ulteriore esclusione, oltre
a quel miliardo e mezzo di persone che ancora oggi - e vale la pena ricordarlo - non
dispone dell’accesso ad acqua potabile nel mondo.
D. - Il fronte del
“no” all’acqua pubblica, quelli che non guardano in modo negativo all’ingresso dei
privati, dicono che l’attuale Legge Ronchi prevede comunque il mantenimento dell’acqua
pubblica. Come stanno realmente le cose?
R. - Le cose stanno nel modo
in cui abbiamo visto anche in altri comparti di privatizzazioni come l’inserimento
del mercato è come un cuneo che poi scardina e manda, in qualche modo, in non sostenibilità
tutti i sistemi di gestione di questi beni che - ripeto - essendo un diritto devono
essere garantiti a tutti. Quindi meglio restare - come dire - con un principio di
precauzione che non la gestione e la distribuzione di un bene pubblico come l’acqua,
venga consegnata al privato. (mg)
Ma quale potrebbe essere la normativa
più equanime per garantire il diritto a un bene pubblico come quello dell’acqua? Luca
Collodi lo ha chiesto a Andrea Olivero, presidente nazionale delle Acli:
R. - Noi
pensiamo che si possa ripartire dal testo che 400 mila cittadini tempo fa hanno presentato
come proposta di legge popolare alle Camere, quindi da una logica che sia quella della
gestione partecipata dell’acqua. Naturalmente, in cuor mio, io avrei anche un sogno,
quello di poter vedere l’acqua come il primo ambito di azione di nuove imprese sociali,
imprese nelle quali i cittadini associati, i soggetti no profit – penso alle grandi
fondazioni – e anche il pubblico, possano insieme andare a costruire modelli di gestione
partecipata.
D. – Altro quesito referendario per domenica e lunedì prossimi,
giornata di referendum in Italia, è il nucleare. Su questo il mondo cattolico non
si è espresso in modo diretto, anche se il pensiero è quello di tutelare le generazioni
future...
R. – Certo, credo che da questo punto di vista noi dobbiamo
rifarci ad un principio laico, che in questi anni noi abbiamo fatto nostro: quello
di precauzione. Credo che, come sul tema della vita, così anche su altre sfide che
vedono insieme il tema della vita e il tema della tecnica, della tecnologia, bisogna
essere cauti. Prima di tutto c’è l’uomo e ieri Papa Benedetto ce lo ha ricordato con
grande forza, e noi dobbiamo andare a costruire delle progettualità e dei sistemi
anche economici che tengano conto di questo. Quando si mette a repentaglio la vita
dell’uomo si ha sempre torto, non c’è ragione valida per metterla a rischio. (ma)