Le sanzioni giuridico-ecclesiali delle ordinazioni episcopali illegittime
E’ stata resa nota ieri una Dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi
sulle ordinazioni episcopali senza il mandato pontificio. Il testo è pubblicato sull’Osservatore
Romano che porta la data di domani, sabato 11 giugno.Nell’introduzione alla Dichiarazione
si fa notare che negli ultimi decenni hanno avuto luogo in diversi Paesi varie ordinazioni
episcopali senza il mandato pontificio. Esse rompono la comunione con il Romano Pontefice
e violano in maniera grave la disciplina ecclesiastica. Come ricorda il Concilio Vaticano
II, se il Successore di Pietro rifiuta o nega la comunione apostolica, i Vescovi non
possono essere assunti all’ufficio episcopale.
Trattandosi di una questione
assai importante e delicata, la Santa Sede ha sempre prestato ad essa grande attenzione,
adoperandosi in tutti i modi per impedire che avvengano consacrazioni episcopali illegittime.
In tale contesto, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi ha compiuto uno
studio approfondito della problematica, con particolare riferimento alle responsabilità
canoniche dei soggetti coinvolti in una consacrazione episcopale senza il necessario
mandato apostolico.
Pubblichiamo in merito una nota del Direttore generale
della Radio Vaticana, P. Federico Lombardi:
La lettura della Dichiarazione
del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi sulla retta applicazione del canone
1382 del Codice di diritto canonico può essere articolata in quattro passi principali.
Il
primo. Occorre comprendere la gravità del fatto di un’ordinazione episcopale senza
mandato del Papa, come fatto che ferisce profondamente la comunione nella Chiesa cattolica,
e quindi viene sanzionato con la pena gravissima della scomunica, che colpisce non
solo l’ordinato, ma anche chi compie la consacrazione e chi vi partecipa come co-consacrante.
Questa scomunica dipende dal compimento stesso del fatto, e non ha bisogno di essere
imposta esplicitamente da un giudice: è ciò che significa la formula: “scomunica latae
sententiae”.
Il secondo. Nei singoli casi vi possono essere circostanze personali
in cui si trovano l’ordinato e/o gli ordinanti che costituiscano delle attenuanti
(come il timore grave, il grave incomodo, la violenza fisica…) che possono far sì
che questa scomunica non si applichi. In tali situazioni, dette attenuanti vanno dunque
verificate in merito a ciascuno dei soggetti che intervengono nel rito: i ministri
consacranti e i chierici consacrati.
Il terzo. In ogni caso – anche qualora
per motivi soggettivi le persone coinvolte non siano incorse nella scomunica - il
fatto oggettivo grave dell’ordinazione senza mandato del Papa crea scandalo, disorientamento,
divisione fra i fedeli. Sono inconvenienti gravi, che non possono essere sottovalutati
e richiedono quindi atti significativi di ricostruzione della comunione ecclesiale
e di penitenza che possano essere apprezzati da tutti. Le persone che poi – non
essendoci attenuanti - siano effettivamente incorse nella scomunica e ne sono consapevoli
non possono partecipare alla celebrazione dell’Eucarestia e all’amministrazione dei
sacramenti (ciò è gravemente illecito anche se rimarrebbe valido), né compiere atti
di governo.
Il quarto. Se la situazione lo richiede, per riparare lo scandalo
e ristabilire la comunione, la Santa Sede può infliggere censure o sanzioni (fino
al punto di dichiarare esplicitamente la scomunica). E’ inteso che la finalità di
queste pene è sempre di condurre al pentimento e alla riconciliazione. Chi dimostra
di essere sinceramente pentito ha diritto ad essere assolto anche dalla scomunica.
Assoluzione che però, nel caso dell’ordinazione episcopale senza mandato pontificio,
può essere data solo dalla Santa Sede.
(per il testo completo della dichiarazione,
si rinvia all’edizione online dell’Osservatore Romano, http://www.osservatoreromano.va)