Calcio scommesse, ripartire dai valori: la riflessione di don Mario Lusek
Continua a occupare le cronache italiane lo scandalo del calcioscommesse.Durante
un convegno su “L’educazione che sfida lo sport”, che si è svolto ai Musei Vaticani,
Davide Maggiore ha chiesto al direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale
di tempo libero, turismo e sport, don Mario Lusek, che immagine dello sport
emergerebbe, se queste accuse fossero confermate:
R. - E’ un’immagine
mortificata che crea tensione e ansia soprattutto per chi crede nei valori dello sport
e per questo lavora nello sport di base, perché questi valori non siano oscurati dal
clima che stiamo respirando tutti.
D. - Secondo le cronache i giocatori
sarebbero spesso i primi protagonisti delle "combine": l’atleta può ancora rappresentare
un modello di comportamento?
R. - L’atleta oggi viene considerato un
mito e al mito gli si perdona tutto, anche i comportamenti illeciti. Sicuramente bisogna
ridefinire anche la figura dell’atleta e soprattutto bisogna accompagnare la formazione
dell’atleta non soltanto dal punto di vista tecnico e agonistico, ma anche dal punto
di vista etico e morale. Su questo stiamo formando dirigenti, persone e quella rete
capillare di presenza che sicuramente non farà notizia, che sicuramente non arriverà
sulle prime pagine dei giornali, ma potrà dare un contributo ad uno sport dal volto
umano e - visto che siamo anche credenti - ad uno sport che è aperto anche ai valori
alti e non soltanto ai valori umani che già condividiamo. E’ una sfida difficile,
ma non impossibile. Noi siamo abituati a dire che all’impossibile bisogna dare un
calcio.
D. - Quali valori oggi può ancora trasmettere lo sport?
R.
- Soprattutto quello del rispetto delle regole: se esistono queste situazioni di malaffare
è lo sport che insegna a rispettare le regole. Nel momento in cui si infrangono le
regole, si frantuma l’edificio sportivo e si frantuma anche la persona. (mg)
Sempre
al microfono di Davide Maggiore,il presidente della Fondazione Giovanni Paolo
II per lo sport, Edio Costantini, si è soffermato sulle prospettive del calcio
italiano:
R. – Oggi
il mondo del calcio è fondato su tre grandi pilastri: i soldi, la televisione, gli
atleti. Bisogna allora rimettere al primo posto l’uomo, lo sport e poi conseguentemente
tutto il resto.
D. – Di fronte alle voci di gare truccate o di doping,
ma anche ai toni costantemente alti che caratterizzano oggi lo sport, i giovani non
rischiano la disaffezione?
R. – Sono tantissimi i ragazzi giovani che
incominciano a fare sport. Poi, all’età di 14, 15 anni c’è l’abbandono e, soprattutto,
c’è una selezione spietata solo dei migliori.
D. – Quale deve essere
l’atteggiamento degli educatori per restituire una dimensione etica allo sport?
R.
– C’è bisogno di un progetto educativo, di una società sportiva, e c’è bisogno soprattutto
di bravi e competenti allenatori, che abbiano a cuore la vita dei ragazzi, dei giovani
di oggi.
D. – Ha fatto scalpore la sua proposta di sospendere i campionati
professionistici per un anno. Come il mondo del calcio potrebbe sfruttare questa pausa
di riflessione?
R. – Questo atto forte è un time-out, perché va riscritto
il progetto del sistema calcio italiano, che non è solo educativo, ma è anche un progetto
aziendale, un progetto culturale, che veramente ridisegni la funzione sociale che
lo sport, e in modo particolare il calcio, ha sviluppato nella storia italiana del
Dopoguerra. (ap)