La Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Padre Spadaro: la Rete ha bisogno
di relazioni autentiche
Si celebra oggi la 45.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sul tema “Verità,
annuncio e autenticità di vita nell’era digitale”. Nel messaggio per l’occasione,
pubblicato nel gennaio scorso, Benedetto XVI invita i cristiani ad entrare nel web
con fiducia e creatività, testimoniando il Vangelo anche nel "continente digitale".
Un’esortazione ribadita in un videomessaggio per l’occasione anche dal presidente
del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, mons. Claudio Maria Celli. Sull’evangelizzazione
ai tempi di Internet, Alessandro Gisotti ha intervistato il gesuita, padre
Antonio Spadaro, redattore di “Civiltà Cattolica”, esperto di nuove tecnologie
della comunicazione:
R. - Nel
suo messaggio, il Papa afferma una cosa importantissima: se usate saggiamente, le
nuove tecnologie della comunicazione possono contribuire a soddisfare il desiderio
di senso, di verità e di unità, che rimane l’aspirazione più profonda - scrive il
Papa - dell’essere umano. Quindi, la Rete non è un’opinione o un qualcosa che può
esserci e a un certo punto sparire: la Rete ormai è un ambiente antropologico, che
fa parte dello sviluppo dell’umanità. La sfida della Chiesa, oggi più che mai, non
deve essere quella che riguarda il modo di usare bene la Rete, ma vivere in generale
bene al tempo della Rete. Quindi, la vera sfida, che pone anche questo messaggio in
maniera molto chiara, consiste nell’imparare a essere connessi in maniera fluida,
naturale, etica e anche quasi spirituale.
D. - Anche in occasione delle
rivolte nei Paesi arabi abbiamo visto quale forza abbiano oggi i social network: può
essere – anche questo – uno strumento di nuova evangelizzazione, un territorio di
nuova evangelizzazione?
R. - Sì e direi che proprio l’elezione al Pontificato
di Benedetto XVI ha accompagnato – se così posso dire – la trasformazione del mondo
della Rete in un network sociale. Lucidamente Benedetto XVI, in questo messaggio,
ci aiuta a capire come la società digitale non sia più pensabile e comprensibile attraverso
i contenuti, ma debba considerare innanzitutto le relazioni: i social network sono
sostanzialmente delle reti di relazioni, all’interno delle quali i contenuti vengono
condivisi. Il Papa, quindi, nota che al tempo delle reti partecipative, l’uomo è sempre
implicato direttamente, in prima persona in ciò che comunica e per questo invita tutti
i credenti a una autenticità di vita molto impegnativa.
D. - Da tempo
lei non solo studia, ma ha un’esperienza diretta della Rete: come si può dare una
testimonianza cristiana nel "continente digitale"?
R. - Seguo ormai
da dodici anni, per la rivista “Civiltà Cattolica”, l’evoluzione della Rete e anche
alla luce di questa esperienza diretta posso confermarle quanto sia giustificato l’appello
del Papa, quando afferma che testimoniare non significa solamente inserire in Rete
i contenuti religiosi. Le sue parole vogliono mettere a riparo da una visione troppo
ristretta, troppo limitata dell’annuncio e dell’evangelizzazione. Quindi, testimoniare
in Rete significa testimoniare nel proprio profilo digitale se stessi e la propria
fede. Da qui anche l’importante compito di riflettere su come la Rete stia cambiando
il modo di pensare la fede, proprio perché Internet ormai fa parte della vita quotidiana
e indubbiamente incide sulla capacità di comprendere la realtà e quindi di pensare
anche e di vivere la fede. Per questo da quattro mesi gestisco il blog www.cyberteologia.it,
proprio per riflettere su come la Rete e la cultura del ciberspazio pongano obiettivamente
delle sfide: la nostra capacità di formulare e di ascoltare un linguaggio simbolico,
che parli dei segni della trascendenza nella nostra vita di tutti i giorni. (mg)