In Spagna, la Beatificazione del vescovo Palafox, difensore degli indios ai tempi
di Filippo IV
La Chiesa ha da oggi un nuovo Beato, il vescovo spagnolo Juan de Palafox y Mendoza,
vissuto nel XVII secolo. La cerimonia di Beatificazione, celebrata nella Cattedrale
di El Burgo de Osma, in Spagna, è stata presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto
della Congregazione delle Cause dei Santi, e rappresentante del Santo Padre. Su questa
poliedrica figura di vescovo, difensore degli indios, consigliere reale, mistico e
mecenate, ascoltiamo il servizio di Alessandro Gisotti:
“Vescovo
e viceré in pubblico, monaco ed eremita nel segreto”: in questa definizione di uno
storico si riassume la straordinaria personalità, ricca di carismi, del Beato Juan
de Palafox y Mendoza, vissuto nella prima metà del XVII secolo, tra la Spagna e il
Messico. Una vita iniziata drammaticamente con l’abbandono da parte della madre che
poi pentita prenderà l’abito di carmelitana scalza. Un’infanzia umile con la famiglia
adottiva che non dimenticherà anche quando, dopo aver studiato nel Collegio dei Gesuiti
a Tarragona, entrerà nella corte del re di Spagna Filippo IV per il quale rivestirà
importanti incarichi nel Nuovo Mondo. Tra gli uomini più brillanti del suo tempo,
letterato e mecenate, don Juan de Palafox decise tuttavia di lasciare la vita mondana
per dedicarsi alla vita spirituale. Sull’attualità della sua testimonianza, la riflessione
del cardinale Angelo Amato:
“Ci sono elementi che
fanno del Palafox un pastore di grande attualità: ad esempio, la sua vicinanza ai
poveri e diseredati, l’interesse, la stima e la difesa degli indigeni, la carità e
la sollecitudine per i sacerdoti, il suo zelo pastorale nel conoscere e nel soddisfare
le necessità spirituali e temporali dei suoi fedeli, lo spirito di orazione e di adorazione
eucaristica, lo spirito di mortificazione e di austerità, il suo amore profondo alla
Vergine e al Santo Rosario”.
Rosario, che il Palafox, definì “il breviario
di tutti quelli che non sanno leggere”. A 39 anni, dunque, il Beato divenne vescovo
di Puebla de los Angeles, in Messico. E quisi impegnò senza risparmio di energie
in favore degli indios. Un aspetto del suo servizio episcopale che viene sottolineato
dal cardinale Amato:
“Palafox fu un infaticabile protettore e difensore
dei nativi americani e dei loro diritti. Conoscendo i maltrattamenti e le umiliazioni
da loro subiti, egli si adoperò presso le autorità civili per eliminare abusi e sfruttamento.
Questo permette di gettare un po’ di luce sugli immigrati di oggi, uomini e donne,
spesso sfruttati, con salari di miseria e con situazioni di solitudine e di famiglie
divise”.
Ma il Beato Palafox, che concluse la sua vita come vescovo
della diocesi spagnola di Osma, fu anche un patrono delle arti. A lui si deve la costruzione
della Cattedrale di Puebla e della Biblioteca Palafoxiana che rifornì di cinquemila
libri di scienza e filosofia. Lui stesso prolifico scrittore, i suoi scritti sono
racchiusi in 15 volumi, ci ha lasciato in particolare un diario spirituale intitolato
“Vita interiore” che descrive, giorno per giorno, il suo combattimento spirituale
“nell’estirpare il male e piantare ciò che è santo e buono”.