Sostegno per il Sud Sudan: l’editoriale di padre Federico Lombardi
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, convocato ieri sera dal Gabon, presidente di turno
dei Quindici, ha chiesto al governo di Khartoum di ''ritirarsi immediatamente dalla
regione di Abyei'', contesa tra Nord e Sud del Sudan. Il Consiglio di Sicurezza esprime
la propria preoccupazione per il deteriorarsi della situazione nell'area, ricca di
petrolio, chiedendo in particolare alle truppe sudanesi di fermare le violenze. Sulla
difficile situazione nel Sudan, il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi,
nel suo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale informativo del Centro Televisivo
Vaticano:
Il 9 luglio
deve nascere il 54.mo Stato africano, il Sudan meridionale, 6 mesi dopo che il referendum
del 9 gennaio scorso ha sancito con una schiacciante maggioranza la volontà di indipendenza
della popolazione. Uno Stato con confini diversi da quelli lasciati in eredità dall’epoca
coloniale, un popolo reduce da oltre vent’anni di guerra civile sanguinosa e crudele
- come ogni guerra -, per affrancarsi dalla supremazia del Nord arabo ed islamico.
Un popolo che ha atteso a lungo la libertà e la pace, e che vede la prossima dichiarazione
d’indipendenza a Juba come una festa e una grande speranza. Giustamente tutto il continente
guarda a questi eventi come a una novità importante e significativa: riuscirà a farsi
strada una nuova democrazia africana?
La posta in gioco è importante.
Non possiamo restare indifferenti alle minacce di instaurazione della Sharia al nord
e agli attacchi militari alla regione dell’Abyei, nuova provocazione alla guerra.
Non possiamo restare indifferenti alle sofferenze dei numerosissimi sfollati rientrati
dal nord al sud o fuggiti ora dall’Abyei, a rischio di fame e di malattie nella stagione
delle piogge in arrivo. Se poi pensiamo alla sfida di unire un popolo non immune dalle
divisioni tribali e poverissimo dal punto di vista non solo economico, ma anche culturale,
alla necessità di formare una classe dirigente, ci rendiamo conto perché i vescovi
del luogo, facciano appello con urgenza alla solidarietà internazionale. Motivi di
speranza non mancano, ma sono fragili, e vanno sostenuti con decisione da tutti se
vogliamo vedere infine sorgere una luce di giustizia e di pace nel cuore dell’Africa.