Nell colloquio con i giornalisti durante il volo verso Zagabria, il Papa ha ricordato
di essere già stato due volte in Croazia venendo a contatto con la pietà popolare
del popolo croato che – ha detto - è molto simile a quella della sua Baviera. Ed è
stato molto felice di vedere questa incarnazione della fede, una fede vissuta con
il cuore, dove il soprannaturale diventa naturale, e il naturale è illuminato dal
soprannaturale. E così aveva già potuto vedere che la Croazia, con la sua millenaria
storia cattolica è sempre stata molto vicina alla Santa Sede. Ha quindi potuto constatare
che in questa terra c’è una fratellanza molto profonda nella fede, nella volontà di
servire Dio per l’uomo. C’è un umanesimo cristiano e una vera cattolicità, nel senso
di un’apertura a tutti che trasforma il mondo, secondo la volontà del Creatore.
Parlando
poi del prossimo ingresso della Croazia nell’Unione Europea ha sottolineato che questo
è un popolo sostanzialmente europeo e che ha vissuto la storia europea e per questo
è logico, giusto e necessario che entri nell’Unione. Ha detto di ritenere che in questo
senso il sentimento prevalente del popolo croato sia quello della gioia anche se è
comprensibile un certo scetticismo se un popolo numericamente non grande entra in
una Europa già costituita. Si può capire – ha aggiunto - che forse c’è la paura di
un burocratismo centralistico troppo forte, di una cultura razionalistica, che non
tiene sufficientemente conto della ricchezza della diversità storica. Mi sembra –
ha proseguito - che la missione della Croazia che entra nell’Ue possa essere quella
di rinnovare l’unità nella diversità. L’identità europea – ha osservato - è un’identità
che trova la sua ricchezza nella diversità delle culture che convergono nella fede
cristiana, nei grandi valori cristiani. L’ingresso della Croazia può rafforzare, contro
un certo razionalismo astratto, la ricchezza delle nostre culture. In questo senso
il Papa incoraggia i croati: il processo di ingresso nell’Ue è un processo reciproco
di dare e ricevere. Anche la Croazia offre qualcosa con la sua storia, con la sua
capacità umana ed economica, e riceve qualcosa allargando il proprio orizzonte, non
solo economico ma anche culturale e spirituale.
Infine il Papa ha parlato del
Beato Stepinac, vescovo e martire, definendolo un grande pastore e un grande cristiano,
un uomo di un umanesimo esemplare che ha avuto in sorte di vivere in due dittature
diverse ma sempre contro l’uomo e le ha combattute tutte e due: prima il regime ustascia,
che sembrava adempiere il sogno dell’autonomia e dell’indipendenza, ma era un’autonomia
che era, in realtà, una menzogna perché strumentalizzata da Hitler per i suoi scopi.
Il cardinale Stepinac – ha sottolineato - ha capito molto bene questo e ha difeso
– anche soffrendo - l’umanesimo vero contro questo regime, difendendo serbi, ebrei,
zingari. Poi c’è stata la dittatura contraria del comunismo, dove di nuovo ha lottato
per la fede, per la presenza di Dio nel mondo, per il vero umanesimo che dipende dalla
presenza di Dio. Così il suo destino – ha concluso – è stato quello di lottare contro
due regimi diversi e contrastanti e proprio questa decisione di lottare contro lo
spirito dei tempi per il vero umanesimo, che viene dalla fede cristiana, è un grande
esempio non solo per i croati, ma per tutti noi.