Solennità dell'Ascensione in Vaticano. Il Papa: con Cristo l'uomo è entrato per sempre
nello spazio di Dio
In Vaticano si celebra oggi la solennità dell’Ascensione, che il calendario liturgico
fissa invece a domenica prossima per la maggior parte delle Chiese del mondo. L’ascesa
al cielo di Gesù è il mistero della fede cristiana che rende particolarmente vicino
alla sensibilità umana il concetto del viaggio verso la “patria celeste”. Benedetto
XVI si è soffermato a parlarne in più circostanze, come ricorda in questo servizio
Alessandro De Carolis:
(musica)
E
poi Gesù si stacca da terra e una nube lo sottrae agli occhi dei suoi Discepoli. È
il suo ultimo atto terreno dopo la Risurrezione. Da quell’istante sul Monte degli
Ulivi, come vuole la tradizione, Gesù esce fisicamente dalla storia umana per entrare
fisicamente nel Regno di suo Padre. Ma tra le due dimensioni del cielo e la terra
resta una continuità. Le nubi dalle quali Cristo viene coperto non sono il simbolo
di una porta che si è chiusa. La continuità, la porta che rimane aperta tra terra
e cielo – spiega Benedetto XVI – è Gesù stesso:
“Nel Cristo asceso
al cielo, l’essere umano è entrato in modo inaudito e nuovo nell'intimità di Dio;
l'uomo trova ormai per sempre spazio in Dio. Il ‘cielo’ non indica un luogo sopra
le stelle, ma qualcosa di molto più ardito e sublime: indica Cristo stesso, la Persona
divina che accoglie pienamente e per sempre l’umanità, Colui nel quale Dio e uomo
sono per sempre inseparabilmente uniti”. (Messa a Cassino, 24 maggio 2009)
Il
dinamismo dell’Ascensione non può che trasportare i pensieri dell’anima al dinamismo
inverso, quello dell’Incarnazione, quando il figlio di Dio ha schiuso per la prima
volta, con la sua venuta tra gli uomini, la via di comunicazione tra il cielo e la
terra. Ma già in quella “discesa”, afferma il Papa, è contenuta l’ascesa che verrà.
E lo è in un modo che nessun asceta potrà mai eguagliare, perché è solo di Cristo:
“Egli
infatti è venuto nel mondo per riportare l’uomo a Dio, non sul piano ideale – come
un filosofo o un maestro di saggezza – ma realmente, quale pastore che vuole ricondurre
le pecore all’ovile. Questo ‘esodo’ verso la patria celeste, che Gesù ha vissuto in
prima persona, l’ha affrontato totalmente per noi. E’ per noi che è disceso dal Cielo
ed è per noi che vi è asceso, dopo essersi fatto in tutto simile agli uomini, umiliato
fino alla morte di croce, e dopo avere toccato l’abisso della massima lontananza da
Dio”. (Regina Caeli del 4 maggio 2008)
L’Ascensione è, per così
dire, la “strada” opposta alla massima lontananza. Con essa Gesù torna al fianco del
Padre. E tuttavia, ha detto una volta Benedetto XVI, l’Ascensione non è neanche una
“temporanea assenza dal mondo”. Perché Gesù ha promesso che resterà accanto ai suoi
per sempre. Dunque, quella elevazione che lascia ammutoliti i pochi privilegiati che
vi assistono non è l’inizio di una fine, e nemmeno una straordinaria uscita dalla
scena del mondo. È di più: l’indicazione di una direzione, la traiettoria cui sono
chiamati coloro che seguiranno il Vangelo. È l’immagine che dà un’altezza e una profondità
al mistero del “già e non ancora”:
“Il Signore attira lo sguardo
degli Apostoli verso il Cielo per indicare loro come percorrere la strada del bene
durante la vita terrena. Egli, tuttavia, rimane nella trama della storia umana, è
vicino a ciascuno di noi e guida il nostro cammino cristiano: è compagno dei perseguitati
a causa della fede, è nel cuore di quanti sono emarginati, è presente in coloro a
cui è negato il diritto alla vita”. (Regina Caeli, 16 maggio 2010)
L’Ascensione
rende tangibile anche un’altra realtà: quella della trascendenza della Chiesa. Mentre
costruisce il Regno di Dio sulla terra, la Chiesa marcia verso l’altra sua destinazione.
La Chiesa, ha osservato il Papa…
“…non è nata e non vive per supplire
all’assenza del suo Signore ‘scomparso’, ma al contrario trova la ragione del suo
essere e della sua missione nella permanente anche se invisibile presenza di Gesù,
una presenza operante mediante la potenza del suo Spirito. In altri termini, potremmo
dire che la Chiesa non svolge la funzione di preparare il ritorno di un Gesù ‘assente’,
ma, al contrario, vive ed opera per proclamarne la ‘presenza gloriosa’ in maniera
storica ed esistenziale”. (Messa a Cassino, 24 maggio 2009)