La Chiesa egiziana chiamata a una rinascita, l'nalisi di P. Rafiq Greiche
Analisi di p. Rafiq Greiche sulla rivista Oasis : La Chiesa egiziana chiamata a una
rinascita Padre Greiche è il direttore dell'ufficio informazioni cattolico egiziano.
Non
appena il popolo egiziano ha esultato di gioia per essersi liberato pacificamente
di un dittatore che per trent’anni ha soffocato il suo popolo e ha permesso alla sua
famiglia e al suo entourage di saccheggiare le ricchezze dell’Egitto, è riaffiorato
lo scontro confessionale, questa volta in maniera molto più violenta che nel passato.
Meno di due mesi dopo lo scoppio della rivoluzione, nel villaggio di Atfih (40
km dal Cairo), il 3 marzo 2011, è andata diffondendosi la voce di una relazione tra
una donna musulmana e un cristiano. Alcuni fanatici islamisti, hanno preso il fatto
a pretesto per incendiare la chiesa di quel villaggio povero e semplice. Questi estremisti
appartengono alla corrente salafita, uscita allo scoperto dopo la rivoluzione del
25 gennaio. Essa si ispira al movimento wahhabita saudita e rifiuta le tradizioni
islamiche sunnite egiziane, considerate empie in quanto troppo vicine allo sciismo.
Il termine “salafiyya” lascia intendere la promozione e l’applicazione della sharia
così come avveniva tra le prima generazioni di musulmani (salaf). Il governo egiziano
e la giunta militare hanno gestito questa crisi con molta improvvisazione e senza
neppure istituire un processo ai colpevoli delle vicende accadute in quel villaggio,
nonostante l’incendio alla chiesa, l’uccisione di 11 persone e il ferimento di altre
150. La giunta militare ha fatto riparare la chiesa incendiata, rendendola accessibile
il giorno di Pasqua. Ma da quel momento, le relazioni islamo-cristiane hanno cominciato
a irrigidirsi, soprattutto perché alcuni giorni dopo, il 19 marzo 2011, ha avuto luogo
il referendum sulle riforme costituzionali in occasione del quale i Fratelli Musulmani,
i salafiti e le organizzazioni del jihad hanno fatto sentire il loro peso, trasformandolo
in un referendum sulla religione. Gli argomenti su cui gli egiziani erano chiamati
a decidere in realtà erano altri, in particolare la durata del mandato presidenziale,
e la scelta circa la calendarizzazione delle elezioni. Ma le organizzazioni islamiche
hanno sfruttato la povertà della gente e la loro ignoranza affermando nelle moschee
che il “no” avrebbe determinato la conversione dell’Egitto al cristianesimo, mentre
col “si” l’Egitto sarebbe rimasto musulmano. Secondo alcune voci, conclusosi il referendum
i Fratelli Musulmani e i salafiti avrebbero iniziato a chiedere la restituzione della
signora Camelia, protagonista di un’altra storia vecchia di due anni, secondo la quale
la Chiesa copta ortodossa, in seguito alla conversione della donna all’Islam, l’avrebbe
sequestrata sebbene le autorità di Al-Azhar ne avessero precedentemente negato la
conversione. I salafiti hanno manifestato fragorosamente occupando una delle maggiori
moschee del Cairo, situata vicino alla Cattedrale e alla residenza papale di Sua Santità
Papa Shenouda III.
Ogni venerdì si sono ritrovati per circondare la cattedrale
e la residenza per lunghe ore fino a quando è intervenuto l’esercito. La signora Camelia
allora ha rotto il silenzio dichiarando sul canale televisivo Al-hayât di essere cristiana
e di voler morire cristiana, di non aver cambiato religione, di non essere mai stata
sequestrata di vivere con il marito, un sacerdote copto e il figlio al Cairo. Il giorno
seguente, secondo altre voci, una donna cristiana sposata, amante di un uomo musulmano,
sarebbe stata rapita in una chiesa del quartiere di Embaba, al Cairo. I salafiti ne
hanno allora chiesto la restituzione, manifestando davanti alla chiesa e finendo per
aprire il fuoco e lanciare bombe molotov ovunque. Una chiesa ha così preso fuoco e
un’altra dello stesso quartiere è andata distrutta e alcune abitazioni di cristiani
sono state incendiate. Questa zona popolare nella quale vivono musulmani e cristiani
in massa si è trasformata in un campo di battaglia che ha provocato la morte di 15
persone, il ferimento di altre 210 e oltre 400 arresti da parte delle autorità militari
e della polizia. L’Egitto ha vissuto una notte sanguinosa. Il giorno seguente, 200.000
cristiani si sono riuniti in piazza Tahrir, davanti all’edificio della televisione
egiziana, nella zona di Masbiru, diventata celebre in seguito al lancio di pietre
e alla distruzione di alcune automobili. I cristiani, fino ad oggi, continuano a riunirsi
là. Il primo ministro ha fatto visita ai cristiani e ha promesso loro un’inchiesta
sulle gravi vicende giudiziarie di Embaba, e l’apertura delle chiese chiuse alle quali
il precedente regime non aveva rilasciato le autorizzazioni necessarie, e di promulgare
entro trenta giorni un’unica legge per i luoghi di culto.
Gli incidenti confessionali
sono diventati troppi in poco tempo e il governo e la giunta militare non hanno ancora
assunto una posizione chiara, forse per evitare di sostenere una parte a scapito dell’altra.
Vi sono sicuramente dei sobillatori che innescano i disordini: si tratta dei salafiti
e di certi leader dei Fratelli Musulmani, il cui slogan è “L’Islam è la soluzione”.
Alcuni di essi hanno dichiarato che, in caso dovessero arrivare al potere, introdurrebbero
il Califfato e applicherebbero le pene hadd (disciplinate direttamente dal Corano,
ndr) , qualora ci fosse lo spazio per farlo. Le indagini hanno provato che dietro
gli incidenti confessionali ci sarebbe ciò che rimane del Partito Nazionale dell’ex-Presidente
che intende creare confusione nella società
La Chiesa cattolica è vittima della
stessa tensione, dal momento che si trova impegnata nello stesso contesto. La Commissione
del Patriarca e dei vescovi cattolici si è riunita per discutere la situazione e capire
come educare il popolo cattolico a una partecipazione attiva alle prossime elezioni
al fine di eleggere dei candidati illuminati e che credono nella libertà del prossimo.
Ma va detto che lo shaykh di Al-Azhar, l’imam Al-Tayyib, a prescindere dalle sue opinioni
personali e probabilmente sotto la pressione degli elementi più radicali, non perde
occasione per ribadire il congelamento del dialogo con il Vaticano e invitare Benedetto
XVI a non intromettersi più negli affari egiziani con la richiesta agli stati europei
di proteggere i cristiani in Medio Oriente. Già nel 2008 e nel 2009 l’imam aveva tenuto
una serie di conferenze sulla televisione egiziana sulla falsificazione del Vangelo
da parte dei cristiani, accusati di aver eliminato le parti della scritture in cui
sarebbe annunciata la missione di Muhammad. Nel 2006 aveva inoltre attaccato il Papa
durante un incontro con la Chiesa cattolica, in seguito alla lezione tenuta da Benedetto
XVI a Ratisbona. Infine egli ha recentemente reclutato nel corpo di Al-Azhar lo shaykh
Yusuf al-Qaradawi, noto per la sua intolleranza e per essere un leader seguito dai
salafiti, dai Fratelli musulmani e da altri gruppi, ciò che pone parecchi interrogativi
circa la sua condotta.
Nonostante queste difficoltà vi sono dei punti positivi.
I musulmani moderati temono l’arrivo al potere dei salafiti e dei Fratelli Musulmani,
e sono preoccupati dall’ascesa di questi ultimi e desiderosi di scoprirne le reali
intenzioni. L’Egitto, grazie alla sua posizione geografica, è un punto di passaggio
di molte religioni e culture, idea radicata in tutti gli egiziani. Non mancano gli
egiziani che dichiarano che musulmani e cristiani sono una cosa sola e auspicano armonia
e rispetto per l’altro. Come ha detto uno dei Fratelli Musulmani: «Sono entrato in
piazza Tahrir da “Fratello” e sono uscito “egiziano”».
La Chiesa, soprattutto
quella ortodossa, deve però riscoprire la propria essenza e riservare ai laici un
ruolo più attivo, lasciando loro maggiore libertà di esprimere se stessi e la loro
volontà, e di svolgere, come tutti, un ruolo sociale e politico nella società e non
soltanto dentro le mura della chiesa. Dopo aver vissuto marginalmente o, per dirla
tutta, dopo essersi auto-emarginati, i cristiani devono aderire ai partiti, in particolare
a quelli liberali, e assumere il posto che spetta loro nel Paese, partecipando alle
prossime elezioni e formandosi un’opinione sulla situazione che l’Egitto sta attraversando.
Forse
gli eventi attuali accadono a fin di bene e, come dice Gesù: «Non temere, piccolo
gregge ». Confido nel fatto che questi eventi rappresentano il passaggio verso una
vita nuova e un Egitto nuovo, capace di rinnovarsi insieme ai suoi cittadini nel segno
della libertà, della dignità e della solidarietà umana.