2011-05-31 14:44:10

Iraq: a Kirkuk cristiani e musulmani uniti pregano la Madonna per la pace nel Paese


Oggi si conclude il mese dedicato dalla Chiesa alla Madonna, una figura onorata e non solo dai cristiani, ma capace di unire pure musulmani e membri di altre religioni. Per l’occasione, questa mattina l’arcivescovo caldeo di Kirkuk ha invitato le autorità politiche e religiose musulmane, per una preghiera comune. In città molti fedeli musulmani vengono in pellegrinaggio alla statua della Vergine, soprattutto le donne che pregano perché possa realizzarsi un desiderio o un miracolo. Da tempo - riferisce l'agenzia AsiaNews - la giornata è occasione comune per cristiani e musulmani, per pregare per la pace e la stabilità della nazione e della regione di Kirkuk, colpita nelle ultime settimane da una serie di attentati e violenze che ha “scioccato” la popolazione. La preghiera ha avuto luogo questa mattina nella cattedrale, la corale ha cantato inni mariani, l’assemblea interconfessionale ha recitato i salmi 62 e 121, mentre un diacono ha intonato l’Annunciazione a Maria, tratta dal Vangelo di Luca, e un imam la Surat di Myriam, sullo stesso tema. Infine è intervenuto l’arcivescovo, mons. Sako, che ha indirizzato un saluto comune. Il momento più toccante, tuttavia, è stato la recita della preghiera universale alla Vergine, per chiedere la pace e la sicurezza, letta all’unisono da donne cristiana e musulmane in quattro lingue: araba, curda, turcmena e caldea. Al termine delle celebrazioni, un imam sciita turcmeno, un imam sunnita arabo, un imam curdo e l’arcivescovo hanno lanciato delle colombe quali simbolo della pace. Alla celebrazione hanno partecipato il vice-governatore in rappresentanza delle istituzioni (il governatore era impegnato fuori città) e le famiglie di alcune vittime del terrorismo estremista a Kirkuk, cristiane e musulmane Ashur Yacob Issa, rapito e torturato a morte a metà mese, e un ufficiale di polizia musulmano, massacrato con altri 27 il 16 maggio. La cattedrale era colma di gente, fedeli cristiani e musulmani di entrambi i sessi, senza divisioni né barriere. Nel suo intervento, mons. Sako ha sottolineato il valore “dell’incontro fra cristiani e musulmani di Kirkuk”, in un periodo di “sofferenze” attraversate nelle ultime settimane a causa di “una violenza cieca e mortale”. Pur se “spaventati”, ha proseguito il prelato, “siamo uniti, cristiani e musulmani, per onorare la Beata Vergine Maria ‘Mariamana’. La persona della Vergine Maria è uno dei punti di incontro fra noi cristiani e musulmani – ha aggiunto l’arcivescovo di Kirkuk – ma esistono anche altri punti in comune. Tuttavia, vi sono anche differenze e questo è un aspetto normale, che dovrebbe essere riconosciuto, accettato e rispettato perché parte della volontà di Dio”. “Il testo della Bibbia e del Corano – continua il prelato – sulla Surat di Maryam hanno sottolineato questa convergenza notevole. Maria ci ha invitato a pregare ciascuno a modo proprio ma, andando oltre le parole, il valore ultimo è mantenere il rapporto intimo con Dio e rendere Dio sempre presente davanti ai nostri occhi, quale punto di riferimento per il nostro cammino alla ricerca del bene per tutti”. Egli ha augurato che i cristiani e i musulmani diventino “pilastri fondamentali per la città e dell’intero Paese per fede, cultura e morale” quali sostenitori “della pace, della giustizia e del diritto”. Mons. Sako ha poi precisato che oltre all’incontro di oggi in chiesa, egli auspica momenti comuni anche nel santuario sciita e nella moschea “per costruire una vera e propria comunità fraterna, desiderosa di costruire la pace, la stabilità e la sicurezza”. Il presule ha invitato a non accettare “gli effetti devastanti della violenza”, ma di affidarsi al “linguaggio dei coraggiosi”, ovvero la ragione e il dialogo che conducano “a intese e accordi” per “consolidare “l’armonia fra le varie componenti. Basta violenze – afferma a gran voce – basta vivere ostaggio di tensioni e paure costanti” o come “stranieri nelle nostre città e nelle nostre case”. “Noi cristiani irakeni – conclude il prelato – siamo legati ai nostri fratelli musulmani, alle nostre radici e alla terra irakena. Siamo pronti a contribuire con qualsiasi sforzo per la riconciliazione, senza confinarci in ghetti chiusi e isolati dagli altri, né nei campi profughi allestiti per i migranti della diaspora”. (R.P.)







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