Entro il 2022 la Germania darà l’addio definitivo all’energia nucleare. La decisione
– che è stata definita “irreversibile” dal ministro dell’ambiente Norbert Roettgen
– è stata presa dopo un intenso dibattito in seno alla maggioranza e con le diverse
parti della società civile. Delle 17 centrali nucleari sul territorio tedesco, almeno
otto sono state fermate dopo il disastro di Fukushima. Berlino prevede di spegnere
altri sei reattori entro il 2021 e i restanti tre cesseranno la produzione entro il
2022. A Matteo Mascia, coordinatore del progetto Etica e Politica ambientale
della Fondazione Lanza di Padova, Stefano Leszczynski ha chiesto quanto abbia
pesato l’incidente di Fukushima su questa decisione.
R. – Certamente
la questione Fukushima ha dato una svolta importante a questo dibattito perché, in
qualche modo, ha dimostrato o indicato che non esistono centrali nucleari sicure.
D.
– Questo significa che fino ad oggi in realtà il problema delle energie alternative
è stato un problema esclusivamente di investimenti?
R. – Proprio perché
la Germania sul fronte dell’eolico e sul fronte del fotovoltaico si attesta tra i
maggiori produttori al mondo ci dimostra che un lasso di tempo è comunque sufficiente
per potenziare ulteriormente e garantire autonomia energetica, in particolare sul
fronte civile attraverso le fonti rinnovabili, e per potenziare la produzione di energia
da gas metano attraverso i collegamenti, in particolare, con la Russia.
D.
- Un’altra questione che lascia perplessi è il fatto che anche se la Germania eliminasse
tutte le proprie centrali nucleari comunque intorno ad essa rimarrebbero Paesi con
una forte presenza di nucleare, ad esempio la Francia. Questo non è un po’ un controsenso?
R.
– Sì, però è vero che le nostre decisioni non possono essere determinate dal fatto
che vicino a noi ci siano persone che si comportano male o che fanno scelte diverse.
E’ chiaro che il rischio di avere centrali nei Paesi vicini è un rischio presente.
Però credo che il messaggio che dà la Germania sia che il futuro è fondato su energie
rinnovabili e su efficienza energetica e per certi aspetti gas metano.
D.
- Una presa di coscienza a livello nazionale e politico oppure una scelta imposta
dalle pressioni dei cosiddetti movimenti ambientalisti?
R. – Io non
credo che questa scelta sia avvenuta solamente sulla scia di Fukushima, sulla scia
della débậcle elettorale della Merkel e della vittoria dei verdi. Credo sia una scelta
maturata nel corso del tempo sulla base di una serie di studi di carattere epidemiologico
ma anche di carattere economico perché non scordiamoci che, comunque, il nucleare
non ha una convenienza economica rispetto ad altre fonti energetiche. Però è positivo
il fatto che si sia arrivati a questa scelta anche attraverso una consultazione da
parte di soggetti attivi della comunità e che tra questi soggetti attivi ci sono anche
le Chiese che, tra l’atro, in Germania sono particolarmente attive oramai dagli anni
’90 sul fronte della promozione delle energie rinnovabili.
D. – Possiamo
dire che questa volta si tratta di un bel connubio tra etica e politica?
R.
– Io direi assolutamente di sì perché se la nostra responsabilità etica per il futuro
deve porsi un orizzonte per dire alle generazioni future quale pianeta lasciamo, quale
ambiente di vita lasciamo, quali tecnologie lasciamo, credo che la scelta di puntare
su fonti energetiche a minore impatto e a minor rischio per la salute delle persone,
sia una scelta etica molto importante. (bf)