Una ricerca europea affronta il problema dei minori con genitori in carcere
100 mila bambini in Italia e circa un milione in Europa sono “orfani di fatto”, cioè
separati dai genitori detenuti e, per visitarli, devono entrare in contatto con le
carceri. A parlare di questa realtà, una ricerca europea che, per l’Italia, è stata
effettuata dall’associazione “Bambini senza sbarre”, presentata in questi giorni a
Roma. Ad essere fotografate anche le condizioni in cui i minori incontrano i genitori:
solo il 35 per cento degli istituti è provvisto di locali destinati esclusivamente
a questi colloqui. Debora Donnini ha intervistato Lia Sacerdote, presidente
di “Bambini senza sbarre”:
R. -Di solito i bambini entrano in carcere circa una volta la settimana, perché
i papà hanno otto colloqui al mese se i bambini hanno meno di dieci anni. Bisogna,
comunque, fare i conti con le regole e l’organizzazione. Il tema fondamentale è che
questi bambini hanno un papà o una mamma lontani e non tutti i bambini di fatto hanno
poi questa frequentazione, perché andare in carcere - al di là del peso di entrare
in un luogo che non è certo adatto a loro e che, magari, non è neanche organizzato
per accoglierli - ed avere un papà in carcere vuol dire vergognarsi, vuol dire non
osare parlarne in casa, perché capiscono che la mamma non è contenta di parlarne…
D.
- Come si può favorire la vicinanza dei bambini ai genitori, quando questi sono in
carcere? Quali sono le vostre proposte?
R. - Le proposte concrete sono
dirette a migliorare al massimo il luogo dove questi colloqui avvengono. Credo che
le soluzioni siano comunque dei palliativi, perché il problema grave - che è quello
della separazione - rimane e va alleviato.
D. - Voi chiedete che i
bambini possano stare di più con i loro genitori che stanno, appunto, in carcere…
R.
- Sì, certo. Chiediamo anche che il genitore che è in carcere possa avere dei permessi
per poter uscire. Le raccomandazioni che noi abbiamo sottoposto al Parlamento europeo
sono proprio queste e cioè di far in modo che le regole penitenziarie si concilino
di più con il diritto dei bambini, con la Carta internazionale dei diritti dei bambini.
Questo rappresenta un intervento radicale, perché bisognerebbe privilegiare le misure
alternative, quando è possibile naturalmente. Peraltro l’ultima legge italiana che
è stata approvata - lo scorso marzo - per tutelare le donne madri prevede proprio
questo: viene sancito il principio fondamentale che una mamma che ha un bambino con
meno di sei anni non debba andare in carcere. In qualche modo, quindi, è necessario
trovare delle soluzioni alternative. Noi speriamo che il piano-carceri riesca a trovare
le risorse affinché questo sia possibile.
D. - Dal vostro lavoro emerge
che è importante per i bambini stare con i genitori, anche se i genitori possono avere
delle problematiche...
R. - Possiamo davvero affermare che il punto
centrale sia proprio questo: il legame affettivo con il proprio genitore è il legame
che deve sopravvivere, perché un genitore, al di là del fatto che può anche aver commesso
un reato, è il suo genitore. Quindi è sul legame affettivo che dobbiamo lavorare.
Per questi bambini, questo è l’elemento che li fa sentire sicuri. (mg)