2011-05-27 15:45:34

Serbia: per il tribunale di Belgrado Ratko Mladic è trasferibile all'Aja


Per il Tribunale speciale di Belgrado, Ratko Mladic, l’ex capo militare dei serbi di Bosnia arrestato ieri in Serbia, è nelle condizioni per essere trasferito al Tribunale penale internazionale dell'Aja. Il tribunale internazionale dell'Aja accusa l’ex generale di genocidio, persecuzioni politiche, religiose e razziali, sterminio, omicidio e deportazioni, attacchi a civili e presa di ostaggi. La procedura per l'estradizione all'Aja potrebbe durare anche due settimane. Per un commento sull’arresto di Mladic, Cecilia Seppia ha sentito Fulvio Scaglione, vice direttore di Famiglia Cristiana:RealAudioMP3

R. – Io credo che l’arresto di Mladic possa essere in qualche modo - e fatte le dovute proporzioni - equiparato all’eliminazione di Osama Bin Laden. Non si può restare per 15 anni o più latitanti e con una latitanza piuttosto vistosa, perché si tratta comunque di personaggi che non sono difficili da notare, senza avere delle coperture politiche e nel caso di Mladic anche militari: probabilmente gli ambienti militari serbi si sono incaricati di proteggerlo a lungo. Per la Serbia questa latitanza era diventata veramente imbarazzante e soprattutto alla luce delle ambizioni serbe di entrare in Europa.

D. – A questo proposito il presidente serbo Tadic ha dichiarato: “Penso che ora la porte dell’Europa si apriranno” e ha voluto sottolineare l’ingresso della Serbia comunque in una nuova fase. Quali sono gli scenari possibili?

R. – L’Unione Europea e le istituzioni internazionali hanno sempre chiesto alla Serbia di garantire la massima collaborazione nella cattura di criminali di guerra ancora latitanti. Certamente adesso che questa cattura è avvenuta la Serbia può in qualche modo passare all’incasso o comunque chiedere che i suoi sforzi vengano riconosciuti. Credo che, comunque, la Serbia avesse fatto grossi sforzi anche per digerire l’indipendenza del Kosovo proprio in quest’ottica. Chiaramente la Serbia, la nuova Serbia, la Serbia di questi tempi ha mollato l’aggancio con Mosca e cerca, con molta voglia ed anche ormai con un filo di disperazione, di procurarsi un aggancio con Bruxelles.

D. – Ecco, si può parlare del raggiungimento di una maturità democratica della Serbia?

R. – Certamente sono passi importanti, sono passi significativi e non tanto perché a questo punto è stato catturato Mladic, ma perché la cattura di Mladic dimostra che probabilmente anche il presidente e il governo della Serbia hanno una presa maggiore sia sugli ambienti politici oltranzisti, sia sugli ambienti militari, che sono anche politici e che per Mladic e per le sue azioni hanno sempre avuto un occhio di riguardo. A questo punto, probabilmente, la cattura di Mladic significa che le autorità attuali della Serbia si sentono più sicure del proprio potere. (mg)

In Serbia sono ancora profonde le ferite causate dalla guerra. E’ quanto sottolinea, al microfono di Giada Aquilino, mons. Ladislav Nemet, vescovo ungherese a capo della diocesi di Zrenjanin, città nel nord della Serbia a pochi chilometri di distanza dalla località dove ieri è stato arrestato Ratko Mladic:RealAudioMP3

R. - Ci sono ancora molte ferite aperte; ci sono ancora molte persone che non sono state trovate; ci sono famiglie distrutte. Molti serbi che vivono nella mia diocesi sono venuti dopo il ’95: hanno lasciato la Bosnia ed hanno trovato un nuovo posto dove iniziare una nuova vita, ma sono ancora amareggiati perché non possono tornare. Quindi, le ferite sono ancora grandi. Per alcuni il generale Mladic è ancora il più grande eroe serbo. Naturalmente si tratta soltanto di una minoranza: la giovane generazione, quella nata dopo la guerra, quella che ha già vissuto un’esperienza di Europa, pensa in modo diverso ed è certamente più aperta. Il problema in Serbia è la grande povertà, ma anche il potere di alcuni gruppi, che sono ancora radicati nel nazionalismo e nello sciovinismo.

D. - Proprio in relazione a questi gruppi, ma anche alle divisioni che ci sono state, esistono ancora oggi queste divisioni?

R. - Senz’altro, esistono a livello politico, anche se ci sono buone relazioni fra Paesi come la Bosnia-Erzegovina, la Slovenia, la Croazia e la Serbia. Ci sono, però, tantissime domande che non hanno ancora avuto risposta e c’è il problema relativo ai beni culturali, rubati durante la guerra. Il segno della speranza è rappresentato dalla giovane generazione che vorrebbe riuscire a chiudere questo capitolo e aprirsi allo sviluppo, ad una cultura più aperta. La Jugoslavia, prima della guerra, era un Paese più aperto ai valori europei. Adesso sentiamo nuovamente questo bisogno, tra i giovani, di aprirsi di più alla cultura europea. Speriamo che ora anche l’arresto del generale Mladic ci aiuti ad arrivare ad una riconciliazione veramente sincera. (mg)







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