Obama in Gran Bretagna: sostegno a democrazia dei Paesi arabi
Processo di pace in Medio Oriente, rivolta araba e questione del debito europeo, questi
i temi principali che il presidente statunitense Barack Obama intende discutere con
i leader europei nel corso del suo viaggio nei Paesi dell’Unione. Incontrando oggi
il premier britannico David Cameron, Obama ha puntato sul rilancio delle relazioni
economiche bilaterali, ma anche sull’impegno congiunto nel sostenere le riforme democratiche
nei Paesi arabi. Al G8 di Deauville, in Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna intendono
promuovere un pacchetto di aiuti allo sviluppo per un valore di alcuni miliardi di
dollari. Ma come è cambiato il peso del G8 alla luce dei nuovi sviluppi politico-internazionali?
Ci risponde Riccardo Moro, economista e portavoce di Global Call to Action
Against Poverty – Italia (GCAAP). L’intervista è di Stefano Leszczynski:
R. - Abbiamo
una prospettiva davanti a noi che fa vedere che il ruolo del G8 è molto cambiato rispetto
al passato e si è molto ridotto; anzi, se non ci fosse stata la crisi libica probabilmente
il G8 sarebbe passato sotto ancora minore attenzione. Peraltro il G20 in questi due
anni in cui ha affrontato la crisi finanziaria non ha raggiunto risultati davvero
concreti.
D. - Tuttavia c’è il progetto di stanziare diversi miliardi
di dollari per promuovere lo sviluppo come garanzia di democrazia…
R.
- Sì, da un certo punto di vista ha senso, è chiaro: suscitare sviluppo, le risorse
servono, i Paesi ricchi le risorse le hanno e le possono mettere. Dall’altra parte,
però, lo sviluppo è una dinamica di cui sono protagonisti i membri delle comunità
che devono operare un cambiamento. Dopodiché, in un contesto di globalizzazione c’è
una sorta di corresponsabilità reciproca; però, non sono otto persone o otto Paesi
che possono definire le linee. Continua ad esserci un grave problema di legittimità
e non è una discussione in punta di penna sulla legittimità giuridica: è quanto il
Sud del mondo percepisce come autorevole e impegnativo il messaggio che arriva dal
G8.
D. - Ora sarebbe importante capire, quando si parla di sviluppo,
di cosa si sta parlando: di sviluppo economico o di sviluppo politico?
R.
- La parola sviluppo è una delle parole più fraintendibili che esistono nel dibattito
internazionale. Alcuni la immaginano declinata solo dal punto di vista economico,
alcuni la identificano con la crescita, cioè l’aumento del prodotto interno lordo…
E’ un discorso che spesso diventa contraddittorio e vuoto. Il problema è creare o
suscitare o favorire quelle condizioni per cui ogni comunità possa scegliere il proprio
futuro e lavorare per realizzarlo. Questo significa che ogni comunità ha bisogno evidentemente
di vivere, ha bisogno di strumenti anche di istruzione e culturali per poter fare
questa scelta che ha bisogno di risorse economiche. Nella parte di mondo che sta un
po’ meglio certamente si può agire per mettere a disposizione le risorse e si può
agire per favorire processi di miglioramenti dei sistemi educativi e le capacità di
scelta.
D. - Presupposto di tutto questo è la soluzione ai conflitti
in atto, a partire da quello drammatico nel Medio Oriente … R. - Certamente
sì, ma anche in questo caso la pace non è una condizione statica che si raggiunge
una volta per tutte: è qualche cosa che si alimenta quotidianamente, altrimenti non
tiene e proprio per questo. Allora, richiede un dialogo continuo, una possibilità
da parte delle comunità di vivere scegliendo il proprio futuro e lavorare per realizzarlo,
ma anche delle comunità fra di loro di dialogare per vedere come meglio interagire
nella propria vita e nei propri percorsi.(ma)