Emergenza immigrazione, mons. Marchetto: gli Stati del Mediterraneo siano responsabili
nell’evitare che il “mare nostrum” diventi “mare monstrum”
Il Mar Mediterraneo continua ad essere solcato da barconi di immigrati che dalle coste
nordafricane approdano sull’isola di Lampedusa e, negli ultimi giorni, anche in altre
zone della Sicilia. Attualmente, sono poco meno di mille i migranti ospiti nel Centro
d'accoglienza lampedusano. Tra i migranti ci sono anche dei minori, ma quello che
deve far riflettere sono i numerosi naufragi nei quali trovano la morte molti uomini,
donne e bambini. Secondo l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati, sono varie
centinaia i migranti dei quali non si hanno più notizie. Sull’emergenza immigrazione
Giancarlo La Vella ha parlato con mons. Agostino Marchetto, segretario
emerito del Pontificio Consiglio Migrantes:
R. – Io stesso
ho parlato di “mare nostrum” e “mare monstrum”, perché c’è il rischio che quello che
è stato considerato un mare che unisce, diventi un’occasione per dover lamentare tutte
queste vittime. Vittime che sono nostri fratelli e sorelle che vogliono raggiungere
la libertà, fuggire dalle persecuzioni. Naturalmente, poi, ci sono anche i migranti
di tipo sociale ed ecumenico. Adesso, inoltre, la situazione si aggrava, perché il
dieci per cento di coloro che vengono dalla Libia trova la sua fine in mare. Quindi
si tratta di un “mare monstrum” che ingoia i suoi figli. Credo che gli Stati debbano
essere richiamati alle loro responsabilità. Responsabilità che in questo caso diventa
disponibilità nel ricevere coloro che hanno diritto di chiedere asilo. Io ho detto
che bisognerebbe almeno restituire dei corridoi umanitari per quelli che sono in Libia,
per evitare che ci siano questi rischi. Questo è un appello alla coscienza morale
di tutti e di ciascuno.
D. – Come superare la paura della diversità,
l’esigenza – sia pur legittima – di sicurezza all’interno degli Stati e vedere nell’emigrazione
una ricchezza?
R. – E’ importante che conosciamo l’altro. L’incontro
deve aiutarci a conoscere l’altro. Si parla sempre dell’emigrazione come un problema:
sì, è anche un problema, ma è anche una risorsa, una sfida. Qui bisogna conoscere
le risorse. Si dice che in Italia il 12 per cento del Pil è prodotto dai nostri fratelli
immigrati e credo che quest’aspetto dovrebbe essere riconosciuto, dovrebbe essere
evidenziato l’apporto che introducono nella nostra società. Noi, in Italia, abbiamo
bisogno di 220 mila immigrati ogni anno per poter andare avanti, tenendo conto della
crisi demografica che subiamo. E allora, se vengono, è anche per aiutarci. D’altra
parte è anche un momento di osmosi di cultura, uno scambio che certamente può aiutare.(vv)