"Identità digitali": i giovani in cerca di spazi di dialogo
I giovani che navigano in Rete cercano spazi in cui entrare in relazione con gli altri
anche offline. E’ il risultato della ricerca sulle “Identità digitali” che, come riferisce
l’agenzia Sir, è stata presentata oggi a Macerata al convegno “Abitanti digitali”,
promosso dalla Conferenza episcopale italiana (Cei). L’indagine ha riguardato giovani
italiani tra i 18 e i 24 anni che sono stati contattati su Internet e a cui sono state
poste 77 domande. Tra gli argomenti la famiglia, la “rete di relazioni”, le “pratiche
di comunicazione mediata”, i media e le “reti sociali” frequentate, il rapporto tra
“relazioni offline e online” e infine la “pratica e la credenza religiosa”. Il campione
raggiunto, nota la curatrice Chiara Giaccardi, sociologa dell’Università Cattolica
di Milano, deve essere considerato “probabilistico”. “I dati - sottolinea - non possono
essere generalizzati, non sono rappresentativi, ma significativi”. Dall’indagine risulta
che, anche quando non sono in Rete, i ragazzi cercano di frequentare luoghi in cui
sia possibile entrare in relazione con altri: pub e locali, ma anche spazi dedicati
allo sport in cui all’attenzione per il corpo (“a volte ossessiva”, nota la ricerca)
si affianca “Il bisogno di stare insieme”. Persino al centro commerciale si va in
compagnia, mentre sono meno gettonati i luoghi in cui si resta soli: cinema, sale
giochi e persino discoteche. Un’attenzione particolare è stata dedicata al volontariato:
non sono molte le persone che vi si dedicano, ma quelle che lo fanno rientrano nella
categoria dei “credenti convinti” dal punto di vista religioso. Secondo l’indagine,
infatti c’è un rapporto diretto tra pratica religiosa e volontariato, perché quest’ultimo
implica “alterità e gratuità”. Si conferma importante per intrecciare relazioni il
telefono cellulare “protesi del sé, appendice che non viene mai spenta, e si usa per
restare in contatto con gli amici”. Per quanto riguarda le credenze religiose, il
10,4% degli intervistati è ateo, il 12,3 agnostico, mentre il 13,9 si iscrive nella
categoria degli ‘alternativi’, che non credono in un Dio personale ma solamente in
“un’entità superiore”. Il 63,4% invece si definisce credente (il 38,5% è “tiepido”,
il 24,9 “convinto”). “La partecipazione a spazi religiosi – ha notato però Chiara
Giaccardi –non corrisponde necessariamente a una percezione di particolare vicinanza
con le relazioni che si intrecciano in tali mondi”, che sono paragonabili a “quelle
con i colleghi di lavoro”. Il quadro è diverso per i rapporti stretti mentre si fa
volontariato. I credenti le considerano “alla pari di quelle con i propri cugini,
e risultano seconde unicamente a quelle con i parenti stretti”. Per quanto riguarda
l’atteggiamento che educatori e adulti devono avere nei confronti del web, è raccomandata
competenza. “Se non si capiscono le logiche – è la conclusione – è difficile entrare
in relazione con chi queste logiche le ha per natura”. (D.M.)