Spagna. La protesta degli "indignados”: giovani, disoccupati, pensionati e immigrati
"senza futuro"
Scuote la Spagna la protesta popolare, partita domenica scorsa, di decine di migliaia
di giovani e non solo che si dicono ‘indignati’, mobilitati attraverso internet e
scesi in piazza nella capitale e in più di 50 città, per manifestare contro la crisi
economica, il sistema politico, la collusione fra politica e banche, mentre il Paese
si prepara alle elezioni amministrative di domenica prossima. Roberta Gisotti
ha intervistato Piero Badaloni, corrispondente della Rai da Madrid.
D. – Che
cosa sta davvero accadendo in Spagna? Anzitutto, vediamo la politica ufficiale perdere
il suo primato, anche in un Paese europeo, nell’organizzare il consenso sociale …
R.
– Non c’è dubbio che i partiti più importanti, sia quello al governo – i socialisti
di Zapatero – che quello all’opposizione – i popolari di Rajoy – sono rimasti
spiazzati, soprattutto dal consenso che, in pochi giorni, ha raggiunto questo movimento.
E’ quindi anche un imbarazzo ancora maggiore per il fatto che domenica prossima si
voterà. I socialisti temono un tracollo perché la crisi economica ha costretto il
governo Zapatero a fare dei tagli drastici al welfare, ma anche a congelare le pensioni,
a tagliare gli stipendi, ad aumentare l’Iva: quindi, chiaramente misure impopolari.
C’è da dire, però, che chi in questo momento si sta dando da fare per cercare di capire,
almeno, di mettersi in sintonia con i motivi profondi di questa protesta, sono soprattutto
i socialisti; questo è un dato di cronaca, e in particolare, la “Izquierda Unida”,
cioè una formazione piccola ma molto agguerrita che, in base ad un sistema elettorale
– quello spagnolo – che soffoca le forze minori, non ha molta rappresentatività in
Parlamento ma è molto attiva, invece, sul territorio.
D. – Si è letto
in questi giorni di un movimento anti-sistema, poco organizzato, un po’ anarchico,
che chiede vera democrazia subito e dice basta al potere di una casta di potenti che
non rappresenta i cittadini. Quindi, al di là delle conseguenze sul dato politico
di domenica prossima, sul piano sociologico che cosa si può dire?
R.
– Si può dire che questi giovani appartengono alla cosiddetta generazione “ni ni”,
cioè che hanno finito di studiare ma ancora non sono riusciti a trovare un posto nella
società e succede che questa generazione ormai è stanca di aspettare, è stufa di subire
continue vessazioni: affittare una casa costa troppo, il lavoro – se c’è e quando
c’è – è precario … Ecco perché si chiamano “los indignados”; ecco perché chiedono,
semplicemente, una maggiore attenzione nei loro confronti. Questo dato acquista una
valenza maggiore se si conosce anche l’altro dato, quello della disoccupazione, che
in Spagna ha raggiunto oltre il 20 per cento ed il 40 per cento dei disoccupati sono
giovani: da qui, appunto, il malessere. Un malessere a cui si sono uniti, però, anche
i pensionati, anche i disoccupati più adulti, gli immigrati … Questi ragazzi stanno
diventando il punto di riferimento di un malcontento più generale.
D.
– La lettura più originale del fenomeno mi sembra che sia quella del vuoto di speranze,
del vuoto di valori …
R. - … mancanza di prospettive che angoscia questi
ragazzi. Però, ecco, attenzione: loro non sono anti-sistema. C’è un cartello, innalzato
da una ragazza, che dice: “E’ il sistema che è contro di noi; noi non siamo anti-sistema!”.
Quindi, in realtà non c’è una violenza di fondo nella spinta di questo movimento,
anzi, tutt’altro: ci tengono a dire che le loro uniche armi sono le mani e la testa
con cui vogliono ragionare. Non a caso, la stessa Polizia che all’inizio aveva tentato
di bloccare la protesta sul nascere a manganellate, poi ha rilasciato i 19 ragazzi
che aveva arrestato, tra cui cinque minorenni. Adesso, a bloccare – o a tentare di
bloccare – il movimento sono le Giunte elettorali locali, perché temono che in qualche
misura questa protesta possa inquinare la campagna elettorale e quindi la libertà
di esercizio del voto da parte dei cittadini.
D. – Dopo domenica prossima,
comunque i partiti spagnoli dovranno tornare ad occuparsi delle persone, delle persone
vere che sono in piazza in questi giorni?
R. – Assolutamente sì! Già
stanno tentando di farlo, alcuni. Per esempio, il candidato socialista al comune di
Madrid ha chiesto di poter incontrare, di poter venire anche lui a Puerta del Sol,
dove appunto è l’epicentro della protesta, ma i rappresentanti del movimento lo hanno
invitato a non farlo, perché vogliono evitare strumentalizzazioni prima delle elezioni.
Ma dopo, sicuramente il dialogo partirà, anche perché lo stesso movimento si è posto
come obiettivo quello di occupare le piazze fino a domenica prossima, fino al momento
del voto; ma poi, dopo, cambieranno strategia. (gf)