2011-05-19 15:52:20

Egitto. Amnesty: oltre 800 morti nella repressione della protesta


Alla vigilia del processo contro l’ex ministro degli Interni egiziano, Habib El Adly, per vari capi d’accusa, inclusa l’uccisione di diversi manifestanti durante i giorni della protesta in Piazza Tahrir, Amnesty International sollecita le autorità a garantire giustizia a tutte le vittime della repressione. In un rapporto pubblicato oggi l’organizzazione denuncia l’uccisione di 840 persone, il ferimento di seimila, alcune delle quali con lesioni permanenti e il pesante ricorso alla tortura. Si chiede inoltre un risarcimento economico per le vittime, compreso il pagamento delle spese mediche. Paolo Ondarza ha intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:RealAudioMP3

R. – Nelle settimane che passeranno alla storia - come sono già passate, in parte - di gennaio, febbraio, in cui è stato fatto il primo passo per porre fine a una dittatura, ci sono state violazioni di diritti umani in modo cospicuo. 800 e più persone uccise durante le manifestazioni, arresti arbitrali, periodi di detenzione, torture, maltrattamenti, stupri. Tutto questo rischia di avere uno sbocco verso la giustizia soltanto parziale attraverso il processo all’unico fino al momento indiziato, che è il ministro degli Interni, che dovrebbe andare sotto processo tra 48 ore. Ma non è immaginabile che poi il tutto si risolva in un processo nei confronti di una sola persona giacché tanto le forze di sicurezza legate al precedente regime, quanto le forze armate che sono il perno su cui ruota l’attuale governo transitorio, hanno delle responsabilità che devono essere accertate per fare giustizia.

D. – Ci sono prove schiaccianti, denunciate, dell’uso della forza eccessiva segno di flagrante disprezzo per la vita …

R. – Parliamo della modalità con cui sono state assassinate le persone che manifestavano in piazza Tahrir: persone uccise con colpi di arma da fuoco esplosi da distanza ravvicinata sulla parte superiore del corpo, molte persone colpite alla testa e al petto, altre rimaste prive di vista in modo definitivo, ci sono state le torture praticate nelle prigioni militari… Perché si apra una pagina nuova dell’Egitto bisogna che ci siano processi e ci sia un accertamento delle responsabilità.

D. – E non solo chiedete giustizia per chi ha subito tortura ma anche un impegno alle autorità a sradicare la tortura…

R. - Questo è indispensabile. Se vogliamo fare un passo successivo a quello necessario di far cadere il dittatore, occorre far cambiare le leggi e uno stato d’emergenza che ha dato poteri incontrollati alle forze di sicurezza per arrestare, ridurre al silenzio gli oppositori e praticare le torture.

D. - Tra le varie richieste di Amnesty International c’è quella di un risarcimento economico da valutare caso per caso da dare a quanti colpiti direttamente o indirettamente dalla repressione…

R. - Intanto occorre tener conto del fatto che tantissime, migliaia di persone, seimila almeno rimaste ferite, hanno il problema di pagarsi le cure, le spese mediche, cure che a volte dureranno molto tempo. Inoltre l’idea che si faccia un risarcimento non tenendo conto né delle ferite riportate, né dei danni provocati anche sul piano economico, oltre che prima di tutto umano, della perdita di una persona in famiglia e che si riduca tutto a dare una somma uguale per tutti o una tantum, questo evidentemente non va bene.

D. – Amnesty International ha valutato positivamente la “primavera” del mondo arabo, le rivolte che ci sono state negli ultimi mesi. Ritenete che l’attuale governo transitorio in Egitto sia in grado di accogliere le vostre richieste?

R. – Sono abbastanza dubbioso su questo, in questa fase, perché lo stato d’emergenza rimane ancora in vigore, perché ci sono leggi che non vanno bene come ad esempio quella che limita fortemente le manifestazioni e gli scioperi. Abbiamo avuto notizia proprio questa mattina della condanna a morte di un minorenne al momento del reato per uno stupro compiuto nei confronti di una sua coetanea. E’ una fase in cui c’è molto veramente molto da fare.

D. – Siamo in una fase cruciale, le cose potrebbero migliorare ma potrebbero o rimanere come prima o peggiorare?

R. – Peggiorare potrebbe essere difficile perché gli ultimi anni sotto Mubarak sono stati anni terribili dal punto di vista dei diritti umani. Però ci sono dei brutti segnali. Ad esempio il fatto che le donne siano state rimesse al loro posto pur avendo avuto una parte di straordinario protagonismo durante la rivolta di piazza Tahrir. Ci sono stati casi brutti di violenza nei confronti delle donne da parte dei militari: donne che hanno denunciato di essere state sottoposte a test della verginità, costrette a denudarsi e minacciate di essere incriminate per prostituzione per toglierle dalle piazze e perché evidentemente secondo chi governa l’Egitto il loro posto non è nelle piazze. Quindi il rischio è che se non peggiori la situazione non migliori. Questo sarebbe decisamente un peccato per l’Egitto perché la sua popolazione merita un cambio di pagina molto netto.










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