Gli sprechi alimentari, "squilibri" di un mondo indifferente: un commento alle parole
di Benedetto XVI
Gli attuali squilibri mondiali, alimentati soprattutto da speculazioni finanziarie
e da un’iniqua distribuzione delle risorse, sono aggravati anche dalla piaga degli
sprechi alimentari. Da un recente studio, commissionato dalla Fao, emerge che oltre
1,3 miliardi di tonnellate di cibo, circa un terzo di quanto viene prodotto ogni anno
per il consumo umano, sono perse o sprecate. Sul tema delle disparità si è soffermato
anche Benedetto XVI nell’incontro di ieri con i partecipanti al Congresso del Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace per il 50.mo anniversario dell’Enciclica di Papa Giovanni
XXIII Mater et magistra. Nella produzione alimentare mondiale, in particolare,
gli squilibri sono determinati da due fattori. E’ quanto sottolinea, al microfono
di Amedeo Lomonaco, l’economista Riccardo Moro, docente di Politiche
dello sviluppo all'Università di Milano:
R. – Ci sono
squilibri di due tipi. Da un lato, dal versante della distribuzione del prodotto,
cioè la localizzazione del prodotto e il suo trasporto dove questo è richiesto. Dall’altro
lato, c’è uno squilibrio pesante dal punto di vista dei prezzi con singoli prodotti
che hanno raddoppiato, quadruplicato persino, il proprio prezzo nello spazio di due
anni per poi scendere velocemente ai prezzi del 2006 alla fine del 2008 in un paio
di mesi. Stiamo assistendo un po’ allo stesso fenomeno dagli ultimi mesi del 2010.
Il punto è capire perché questo avviene e come è possibile intervenire.
D.
– C'è anche da notare che, per quanto riguarda le perdite alimentari, queste sono
più rilevanti nei Paesi in via di sviluppo a causa di infrastrutture carenti, scarsa
tecnologia e mancanza di investimenti. Come uscire da questo tunnel che sembra sempre
più allarmante?
R. – E’ difficile intervenire però si possono fare diverse
cose. Il primo elemento è di rafforzare gli strumenti di governance globale.
Cosa vuol dire governance? Una sede, o anche più sedi, ma che dialoghino fra
loro, in cui i Paesi e gli operatori protagonisti - che sono i contadini, i consumatori
- ragionino insieme su cosa fare. Dall’altra parte, più tecnicamente, si deve cercare
di incidere su diversi livelli. Ma perché abbiamo questi squilibri? Il prezzo della
produzione è influenzato dal fatto che la produzione non aumenta quanto potrebbe.
C’è anche un elemento, molto delicato, che è quello delle speculazioni finanziarie.
Sempre di più, esistono strumenti finanziari, come i derivati, che scommettono sull’aumento
dei prezzi e creano una dinamica imitativa - quando non vi è una vera e propria manipolazione
del mercato per cui pochi operatori portano ad aumenti - e questo ha conseguenze pesantissime
sul piano della vita delle persone. Allora, se in passato le operazioni finanziarie
legate ai prezzi alimentari erano fatte dai protagonisti del mercato reale, oggi l’evoluzione
dei mercati finanziari fa sì che esistano una serie di contratti finanziari che sono
vere e proprie scommesse. Tali scommesse non hanno la finalità dello scambio dei prodotti,
ma usano il prezzo dei prodotti alimentari solo come riferimento per determinare la
remunerazione di quei derivati.
D. - Un’altra faccia di questi squilibri,
oltre a quella delle speculazioni, è quella degli sprechi. Come emerge anche dallo
studio commissionato dalla Fao, ogni anno i consumatori dei Paesi sviluppati sprecano
220 milioni di tonnellate di cibo, quasi la stessa quantità dell’intera produzione
alimentare dell’Africa subsahariana. Questo è un dato che fa riflettere…
R.
– Sarebbe necessaria una riflessione su come vogliamo produrre, dove e per chi. Questo
significherebbe poter riflettere su fabbisogni di consumo regionali e su opportunità
di produzione cercando anche di ridurre le distanze che i singoli prodotti devono
percorrere. Significa cercare di ottimizzare la possibilità di consumo locale da parte
delle produzioni che si fanno in loco. In questo modo, si ridurrebbero produzioni
inutili, si ridurrebbero gli sprechi e si migliorerebbe l’accesso al cibo da parte
delle popolazioni che oggi sono più svantaggiate. (bf)