Svizzera: dopo il referendum sul suicidio assistito i vescovi ribadiscono il no all'eutanasia
All’indomani del referendum sull’assistenza al suicidio, tenutosi in Svizzera nel
Cantone di Zurigo, i vescovi elvetici ribadiscono il loro “no” all’eutanasia. I due
quesiti, proposti per proibire il suicidio assistito o per limitare la possibilità
di ricorrere a tale pratica ai soli cittadini residenti, sono stati respinti a larga
maggioranza. Ma la Chiesa svizzera ricorda che non si può evitare la morte con la
morte. Il rispetto della vita, in ogni momento dell’esistenza, deve prevalere su quello
che dalle associazioni pro - eutanasia viene definito “il diritto a morire con dignità”.
I vescovi svizzeri ribadiscono il loro “no” a tale pratica e aggiungono di essere
a favore dell’interdizione dell’aiuto al suicidio assistito, “portato avanti da organizzazioni
che operano veri e propri suicidi”. E’ quanto sottolinea al Sir, all’indomani del
referendum, il portavoce della Conferenza episcopale svizzera, Walter Müller, che
ricorda anche la “presa di posizione” della Commissione bioetica dei vescovi elevetici
ribadita in vista della consultazione. “E’ un’illusione – avevano ricordato i presuli
prima del voto – pensare di poter escludere la sofferenza e la morte dalla vita”.
“L’assistenza al suicidio – avevano aggiunto - non è un aiuto” ma contraddice “il
dovere della protezione di ogni vita umana”. E’ invece un aiuto “prendersi cura” delle
persone morenti offrendo loro un ambiente ricco di qualità umane e professionali.
Si stima che in Svizzera, ogni anno, siano circa 200 le persone che ricorrono al suicidio
assistito. Tale pratica, consentita dal 1941, è ammessa nel Paese a condizione che
non sia legata ad alcun “motivo egoistico” ed è autorizzata solo “in modo passivo”,
cioè procurando ad una persona i mezzi per suicidarsi. (A cura di Amedeo Lomonaco)