In un libro la figura e il ruolo del padre nel cinema italiano contemporaneo
E' stato presentato nei giorni scorsi presso il Centro San Luigi dei Francesi di Roma
"I ricercati. Padri e figli nel cinema italiano contemporaneo", un volume di Mario
Dal Bello, edito da Effatà Editrice, che segue e studia la figura paterna così come
è stata raccontata dal cinema negli ultimi dieci anni. Nella lettura si scopre un
orizzonte culturale e sociale del tutto inaspettato. Il servizio di Luca Pellegrini:
Spesso
è soltanto il conflitto tra generazioni, che poi riserva mille sorprese e mille difficoltà.
Altrettanto spesso, però, la riconciliazione è alle porte: il figlio ritrova la figura
del padre, in un itinerario che prima s'era smarrito. Ci sono mille modi e mille declinazioni
con cui il cinema ha raccontato questo perdersi e questo ritrovarsi e Mario
Dal Bello ha dedicato ai padri e ai figli nel cinema un bel volume che
esplora storia, tendenze, culture, con titoli, volti, prospettive, una vera panoramica
ragionata con molte interviste ai protagonisti e agli interpreti. Abbiamo chiesto
all'autore se, in questa ricerca reciproca, la prima mossa la fanno i padri o i figli:
R.
- Da una parte la figura del padre è stata piuttosto accantonata, a partire dagli
anni Sessanta: adesso, invece, mi sembra che sia in una fase di recupero della propria
funzione, del proprio ruolo, anche se svolto in modo molto diverso dal passato; dall’altra
anche i figli li ricercano, proprio perché essendo ormai la situazione delle famiglie
molto cambiata rispetto al modulo tradizionale, questo bisogno della realtà paterna
fa in modo che i figli li cerchino, a volte anche in maniera esasperata come succede
– per esempio – nel film “Il figlio più piccolo” di Pupi Avati.
D.
- Cinema americano e cinema italiano: quali differenze nel raccontare figura e ruolo
del padre?
R. – La differenza fondamentale credo stia in questo: nel
cinema americano la presenza e la figura del padre non è supposta, ma è sempre presente,
anche se in varie maniere, naturalmente. Il cinema lo racconta analizzando diversi
orizzonti, sotto diversi profili, ma è onnipresente. Nel cinema italiano, invece,
la figura del padre va recuperata: quindi a volte c’è, ma più spesso non c’è o più
spesso è accantonata, e il ruolo paterno molto spesso è preso dalla madre.
D.
- La società si trova in sintonia con questa scoperta che il cinema ha già valorizzato?
R.
- Io credo veramente che la società stia riscoprendo la figura paterna, soprattutto
partendo dal livello di vita, esistenziale. Nell’ultima parte del libro ci sono quattro
interviste a giovani attori che sono padri e loro parlano del loro ruolo e della loro
figura in maniera completamente diversa dal passato: non sono il classico padre autoritario,
ma l’uomo che recupera la sua funzione essenziale nel contesto della famiglia. Quindi
credo che la società, pian piano, riuscirà a riconoscere la validità e la novità anche
di questo ruolo. (mg)