Totus Tuus: il 13 maggio di 30 anni fa l’attentato in Piazza San
Pietro a Giovanni Paolo II
Il 13 maggio di trent’anni fa, l’attentato in Piazza San Pietro contro Giovanni Paolo
II. Un evento che sconvolse l’umanità intera e che segnò profondamente il Pontificato
del Beato Karol Wojtyla. Ritorniamo a quel drammatico pomeriggio della primavera del
1981 nel servizio di Alessandro Gisotti:
(applausi
in Piazza San Pietro)
13 maggio 1981, Piazza San Pietro, festa della
Madonna di Fatima. Come di consueto, in occasione delle udienze generali, Giovanni
Paolo II in piedi sulla papa-mobile sta salutando e benedicendo i pellegrini. E’ il
momento dell’incontro, dei gesti d’affetto tra il Santo Padre e i fedeli: le mani
che si sfiorano, uno scambio di sorrisi, un bimbo preso in braccio e coccolato con
dolcezza. La gente non lo sa, ma di lì a poco, il Pontefice ha in programma un importante
annuncio: la nascita del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Annuncio che dovrà
rimandare. Il cielo sopra Roma si annuvola, quasi a presagire l’impensabile che sta
per diventare realtà:
(Spari – brusio della folla)
Sono
le 17.17. Un rumore sordo, ripetuto. Non c’è dubbio: si tratta di spari di arma da
fuoco. Il Papa si accascia nella sua giardinetta, sorretto dal suo segretario, don
Stanislao Dziwisz. La gente è atterrita. Ci sono fedeli che rompono in pianto, c’è
chi si inginocchia, chi inizia a pregare con il Rosario stretto tra le mani. Una commozione
che non lascia, non può lasciare immune Benedetto Nardacci, il
cronista della nostra emittente che sta seguendo l’udienza:
“La folla
è tutta in piedi … La folla è tutta in piedi; non commenta quasi la scena tragica
cui hanno assistito. Sono quasi tutti in silenzio, aspettano notizie. (…) Il Santo
Padre è stato evidentemente, certamente colpito. E’ stato certamente colpito, lo abbiamo
visto sdraiato nella vetturetta scoperta che è entrata in velocità dentro il Vaticano.
Ecco. Per la prima volta si parla di terrorismo anche in Vaticano. Si parla di terrorismo
in una città dalla quale sono sempre partiti messaggi di amore, messaggi di concordia,
messaggi di pacificazione”.
Sono momenti concitati, confusi. Nella
Piazza ammutolita si propagano notizie contrastanti sull’identità dell’attentatore,
sul numero degli spari, e soprattutto sulla gravità della ferita inferta a Karol Wojtyla.
Si sente il suono di una sirena, un’autoambulanza. Lo conferma il direttore generale
della Radio Vaticana, padre Roberto Tucci, che, pochi minuti
dopo l’attentato, raggiunge Nardacci in Piazza San Pietro:
“Padre Tucci,
dai microfoni della Radio Vaticana, in Piazza San Pietro. Non si sa ancora l’entità
della ferita. Alle 17.29 ho visto io stesso uscire a grande velocità, dall’ingresso
di Porta Sant’Anna, un’ambulanza. Mi è stato riferito – ma non posso assicurare che
la notizia corrisponda a verità – che l’autoambulanza, che portava il Santo Padre,
si è diretta all’ospedale Gemelli”.
Un viaggio, quello dal Vaticano
al Gemelli, che dura solo un quarto d’ora. Eppure sono minuti interminabili. Nell’ambulanza,
ricorda il suo medico personale Renato Buzzonetti, il Papa “pregò ininterrottamente
in lingua polacca: ‘Gesù mio. Madre mia’”. L’intervento chirurgico è lungo, complicato:
Karol Wojtyla ha perso molto sangue, è ferito gravemente in più parti, preoccupa soprattutto
la perforazione dell’apparato intestinale. E tuttavia, chi opera il Papa si rende
conto che la pallottola ha seguito una traiettoria anomala: una deviazione di pochi
millimetri e il proiettile non gli avrebbe dato scampo. Durante l’intervento al terzo
piano del Gemelli, il tempo sembra sospeso. I media di tutto il mondo attendono con
apprensione l’esito dell’operazione: R. – The surgery on Pope John Paul
...“L’operazione chirurgica del Papa si è conclusa dopo 4 ore 20 minuti”, è
l’annuncio in diretta del canale americano Abc e aggiunge: “La Radio Vaticana ha detto
che le condizioni del Papa non sono gravi”.
Milioni di fedeli, che
in ogni angolo della terra e soprattutto in Polonia, si sono raccolti in preghiera
possono tirare un sospiro di sollievo. Intanto, la polizia italiana interroga l’attentatore,
il giovane estremista turco Ali Agca. Proprio a lui, Giovanni Paolo II si rivolge
nel primo Regina Caeli dopo l’attentato che lo ha ridotto in fin di vita. E’ il 17
maggio 1981, il Papa che diverrà Beato, parla dal suo letto di sofferenza al Policlinico
Gemelli:
"Vi ringrazio commosso per le vostre preghiere e tutti vi
benedico (…) Prego per il fratello che mi ha colpito, al quale ho sinceramente perdonato
(…) A Te Maria ripeto: ‘Totus tuus ego sum’”.
L’affidamento a Maria
e il perdono: due dimensioni già fortemente presenti nella vita e nel Magistero del
Papa, che da quel momento diventano un tutt’uno con la figura e la testimonianza di
Karol Wojtyla. Quel perdono che ha pronunciato con voce flebile, poco dopo l’attentato,
Giovanni Paolo II lo porta di persona al “fratello che lo ha colpito”, nel Natale
del 1983, al Carcere romano di Rebibbia. Alla Vergine porta invece tutto se stesso,
il suo cuore, la sua vita. E’ il 13 maggio del 1982, un anno esatto dopo l’attentato:
il Papa è al Santuario mariano di Fatima per ringraziare la Madonna che lo ha salvato.
Giovanni Paolo II non ha dubbi: fu la mano di Maria a “guidare la traiettoria della
pallottola e il Papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte”.
“Totus
Tuus Maria”, “Tutto tuo, Maria”: il motto sullo stemma episcopale si fa invocazione.
Un affidamento totale che il Beato Wojtyla ripeterà fino agli ultimi istanti della
sua vita terrena:
“In te confido e a te ancora una volta dichiaro:
Totus tuus, Maria! Totus tuus! Amen”