Rapporto di Amnesty: rivoluzione dei diritti umani vicina ad una svolta storica
La rivoluzione dei diritti umani è vicina ad un cambiamento storico, ma si è ancora
sul filo del rasoio. Lo testimonia il rapporto annuale 2011 di Amnesty International,
alla vigilia dei suoi 50 anni dalla nascita. Alla presentazione ieri a Roma c’era
per noi Francesca Sabatinelli.
La rivolta
delle piazze dei primi mesi del 2011 in alcuni dei Paesi del Nord-Africa offre un’opportunità
senza precedenti per un cambiamento favorevole ai diritti umani. Si corre però ancora
sul filo del rasoio. Amnesty International nel suo annuale rapporto, e in occasione
dei suoi 50 anni di fondazione, azzarda l’ipotesi di una vera rivoluzione dei diritti
umani, nonostante la repressione di alcuni governi non conosca limiti, come ad esempio
quella che sta avvenendo in Siria. Riccardo Noury, portavoce
di Amnesty Italia:
R. - E’ una preoccupazione enorme, perché stanno
accadendo fatti gravi: ormai il numero dei morti e assassinati, con colpi di artiglieria
pesante dei cecchini dai tetti, è arrivato ad almeno 600 e con un numero ancora più
grande di arresti. E’ una situazione grave, perché mentre si è mostrata molta determinazione
nei confronti della Libia - qui ci si è subito mostrati pronti nel deferire il caso
Libia alla Corte Penale internazionale e nell’avviare un’azione militare - quello
che sta accadendo in Siria, e anche in Bahrein, risponde ad una vecchia logica di
alleanze, in cui la parola chiave non è diritti umani, ma è stabilità.
D.
- Se noi torniamo al 2001, all’attacco delle Torri Gemelle, ci ricordiamo di come
Amnesty lanciò più volte gli allarmi circa la guerra al terrore che era stata avviata
dall’allora governo degli Stati Uniti con i suoi alleati. A 10 anni di distanza Osama
Bin Laden è stato ucciso in circostanze non ancora chiarite, si parla delle torture
ai prigionieri di Guantanamo e si parla di nuovi allarmi terrorismo...
R.
- Il giudizio di Amnesty International su 10 anni ormai di guerra al terrore è netto.
Aver combattuto il terrorismo, violando i diritti umani, si è rivelata una strategia
assolutamente fallimentare. Forse questo periodo poteva chiudersi se Bin Laden fosse
stato catturato e se fosse stato avviato ad un processo regolare. Noi ancora non abbiamo
informazioni chiare, che abbiamo sollecitato a Stati Uniti e Pakistan, sia rispetto
alla dinamica nella quale è stato ucciso Bin Laden, sia riguardo al modo in cui si
è arrivati lì, ovvero al possibile ricorso alla tortura, che sia stata a Guantanamo
o sia stata a Bagram. Questo è possibile ma non è certo. Sono tutti elementi che pretendiamo
di avere. Dopo di che, quanto è accaduto cosa ci dice? Che non c’è una sicurezza maggiore,
né percepita né dichiarata, che c’è un allarme terrorismo sempre ampio. Allora o è
stata veramente una miopia priva di qualunque strategia, quella di avventurarsi in
una guerra al terrore basata sulla violazione dei diritti umani, non tenendo conto
delle conseguenze, oppure è stata una strategia a suo modo lungimirante nel tenere
il mondo in uno stato di tensione permanente. In entrambi i casi ne fanno le spese
i diritti umani.
D. - Le persone, soprattutto i giovani, scesi nelle
piazze mediorientali stanno sfidando la paura, sono loro i primi, aiutati dalle nuove
forme di comunicazione, internet, social network che in questo momento stanno tenendo
accesa la candela di Amnesty, quella della lotta per i diritti umani...
R.
- La richiesta di libertà, di diritti umani, di fine della corruzione, di sviluppo
economico, di opportunità, di futuro, non la fermi: se non sono i vecchi attivisti
a portarla avanti, sono le generazioni successive; i giovani nelle piazze, aiutati
dalla nuova tecnologia, aiutati anche da questa bella contaminazione tra giornalismo
e attivismo, che è una delle realtà più belle che stiamo osservando.
D.
- Il rapporto fotografa casi di tortura o di maltrattamenti in 98 Paesi, processi
iniqui in 54, limitazioni alla libertà di espressione in almeno 89, due terzi della
popolazione mondiale non ha avuto possibilità di accesso alla giustizia...
R.
- C’è un mancato accesso a diritti fondamentali quali: l’alloggio, il cibo, la giustizia,
la salute. Ci sono centinaia di migliaia di donne ogni anno che muoiono di mortalità
materna, ci sono sgomberi forzati, più di un miliardo di persone che vivono in situazioni
abitative del tutto precarie. Queste sono le emergenze di un mondo nascosto. Poi,
ci sono dei temi che sono non meno importanti: la necessità di avere giustizia per
i crimini del passato. Gaza è ancora sottoposta ad un blocco economico che produce
ancora effetti molto, molto gravi sui diritti economici e sociali dei suoi abitanti.
Ecco, queste sono le emergenze, e poi dobbiamo capire come dei conflitti, che si sono
incancreniti, se e come si risolveranno: penso alla Colombia, penso alla Costa d’Avorio...
E’
importante quindi non abbassare la guardia, mantenere alta l’attenzione su ciò che
accade in paesi come l’Azerbaigian, la Cina, l’Iran ma anche in Europa, se pensiamo
alla denuncia contro l’Italia, dove si registra ancora la discriminazione soprattutto
verso i rom che continuano a subire gli sgomberi forzati, o verso i migranti e i richiedenti
asilo, privati dei loro diritti anche per un clima di intolleranza e xenofobia alimentati
da taluni politici e rappresentanti del governo. (ma)