2011-05-13 14:54:30

Rapporto di Amnesty: rivoluzione dei diritti umani vicina ad una svolta storica


La rivoluzione dei diritti umani è vicina ad un cambiamento storico, ma si è ancora sul filo del rasoio. Lo testimonia il rapporto annuale 2011 di Amnesty International, alla vigilia dei suoi 50 anni dalla nascita. Alla presentazione ieri a Roma c’era per noi Francesca Sabatinelli.RealAudioMP3

La rivolta delle piazze dei primi mesi del 2011 in alcuni dei Paesi del Nord-Africa offre un’opportunità senza precedenti per un cambiamento favorevole ai diritti umani. Si corre però ancora sul filo del rasoio. Amnesty International nel suo annuale rapporto, e in occasione dei suoi 50 anni di fondazione, azzarda l’ipotesi di una vera rivoluzione dei diritti umani, nonostante la repressione di alcuni governi non conosca limiti, come ad esempio quella che sta avvenendo in Siria. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia:

R. - E’ una preoccupazione enorme, perché stanno accadendo fatti gravi: ormai il numero dei morti e assassinati, con colpi di artiglieria pesante dei cecchini dai tetti, è arrivato ad almeno 600 e con un numero ancora più grande di arresti. E’ una situazione grave, perché mentre si è mostrata molta determinazione nei confronti della Libia - qui ci si è subito mostrati pronti nel deferire il caso Libia alla Corte Penale internazionale e nell’avviare un’azione militare - quello che sta accadendo in Siria, e anche in Bahrein, risponde ad una vecchia logica di alleanze, in cui la parola chiave non è diritti umani, ma è stabilità.

D. - Se noi torniamo al 2001, all’attacco delle Torri Gemelle, ci ricordiamo di come Amnesty lanciò più volte gli allarmi circa la guerra al terrore che era stata avviata dall’allora governo degli Stati Uniti con i suoi alleati. A 10 anni di distanza Osama Bin Laden è stato ucciso in circostanze non ancora chiarite, si parla delle torture ai prigionieri di Guantanamo e si parla di nuovi allarmi terrorismo...

R. - Il giudizio di Amnesty International su 10 anni ormai di guerra al terrore è netto. Aver combattuto il terrorismo, violando i diritti umani, si è rivelata una strategia assolutamente fallimentare. Forse questo periodo poteva chiudersi se Bin Laden fosse stato catturato e se fosse stato avviato ad un processo regolare. Noi ancora non abbiamo informazioni chiare, che abbiamo sollecitato a Stati Uniti e Pakistan, sia rispetto alla dinamica nella quale è stato ucciso Bin Laden, sia riguardo al modo in cui si è arrivati lì, ovvero al possibile ricorso alla tortura, che sia stata a Guantanamo o sia stata a Bagram. Questo è possibile ma non è certo. Sono tutti elementi che pretendiamo di avere. Dopo di che, quanto è accaduto cosa ci dice? Che non c’è una sicurezza maggiore, né percepita né dichiarata, che c’è un allarme terrorismo sempre ampio. Allora o è stata veramente una miopia priva di qualunque strategia, quella di avventurarsi in una guerra al terrore basata sulla violazione dei diritti umani, non tenendo conto delle conseguenze, oppure è stata una strategia a suo modo lungimirante nel tenere il mondo in uno stato di tensione permanente. In entrambi i casi ne fanno le spese i diritti umani.

D. - Le persone, soprattutto i giovani, scesi nelle piazze mediorientali stanno sfidando la paura, sono loro i primi, aiutati dalle nuove forme di comunicazione, internet, social network che in questo momento stanno tenendo accesa la candela di Amnesty, quella della lotta per i diritti umani...

R. - La richiesta di libertà, di diritti umani, di fine della corruzione, di sviluppo economico, di opportunità, di futuro, non la fermi: se non sono i vecchi attivisti a portarla avanti, sono le generazioni successive; i giovani nelle piazze, aiutati dalla nuova tecnologia, aiutati anche da questa bella contaminazione tra giornalismo e attivismo, che è una delle realtà più belle che stiamo osservando.

D. - Il rapporto fotografa casi di tortura o di maltrattamenti in 98 Paesi, processi iniqui in 54, limitazioni alla libertà di espressione in almeno 89, due terzi della popolazione mondiale non ha avuto possibilità di accesso alla giustizia...

R. - C’è un mancato accesso a diritti fondamentali quali: l’alloggio, il cibo, la giustizia, la salute. Ci sono centinaia di migliaia di donne ogni anno che muoiono di mortalità materna, ci sono sgomberi forzati, più di un miliardo di persone che vivono in situazioni abitative del tutto precarie. Queste sono le emergenze di un mondo nascosto. Poi, ci sono dei temi che sono non meno importanti: la necessità di avere giustizia per i crimini del passato. Gaza è ancora sottoposta ad un blocco economico che produce ancora effetti molto, molto gravi sui diritti economici e sociali dei suoi abitanti. Ecco, queste sono le emergenze, e poi dobbiamo capire come dei conflitti, che si sono incancreniti, se e come si risolveranno: penso alla Colombia, penso alla Costa d’Avorio...

E’ importante quindi non abbassare la guardia, mantenere alta l’attenzione su ciò che accade in paesi come l’Azerbaigian, la Cina, l’Iran ma anche in Europa, se pensiamo alla denuncia contro l’Italia, dove si registra ancora la discriminazione soprattutto verso i rom che continuano a subire gli sgomberi forzati, o verso i migranti e i richiedenti asilo, privati dei loro diritti anche per un clima di intolleranza e xenofobia alimentati da taluni politici e rappresentanti del governo. (ma)







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